GIOVANNI ARMILLOTTA, PhD ON LINE PËR SHQIPTARËT


Quaderni di Studi Africani e Orientali, Dipartimento Storico-Politico-Internazionale
Sezione di Storia e Istituzioni dei Paesi Extraeuropei
Facoltà di Scienze Politiche, Università degli Studi di Cagliari

Direttore
Emilio Bottazzi

Redazione
Annamaria Baldussi, Emilio Bottazzi, Bianca Maria Carcangiu
Pierpaola Cossu, Bruno Manca, Patrizia Manduchi

Lino Sciarra
LA COMUNITÀ EBRAICA ALBANESE
(«Orientalia Karalitana», N. 3, Aprile 1998, pp. 319-321)

Perkthim nė gjuhen shipe - Traduzione in lingua albanese

Benché sia collocata geograficamente in Europa, l’Albania č una “nazione all’incrocio tra Est ed Ovest, regione di collegamento tra i Balcani e l’Italia, anello debole tra mondo greco e latino, tra mondo slavo ed islamico. Sin dall’epoca della divisione dell’impero romano in occidentale ed orientale, i confini tra Oriente ed Occidente tagliavano l’Albania; questa divisione č continuata nel Medioevo e, in forza del sistema conservatore dei millet, anche sotto la dominazione ottomana”(1). Con la raggiunta indipendenza del Paese nel 1912, malgrado la parentesi del duro regime comunista, l’Albania non ha perduto questa sua caratteristica di terra di confine in cui l’Oriente si confronta con l’Occidente.
In epoca recente, le travagliate vicende della caduta del comunismo hanno attirato l’attenzione sulla minuscola comunitą ebraica presente nel Paese. La sua storia č una storia affascinante sia perché č poco conosciuta, sia perché inevitabilmente legata alla complessa storia del popolo albanese(2).
Alcuni insediamenti ebraici erano presenti nella regione a partire dalla fine dal XII secolo. In seguito, nel XVI secolo migliaia di sefarditi scacciati dalla penisola iberica si rifugiarono nell’Impero Ottomano. Qui, all’infuori del pagamento di un testatico non eccessivamente oneroso, richiesto a tutti i non musulmani, nessun altro tributo era imposto agli ebrei. Inoltre, non solo la loro identitą religiosa era ampiamente tollerata, ma essi erano incoraggiati nella loro attivitą commerciale e potevano accedere a tutte le cariche civili. A quell’epoca l’Albania era ormai sotto il pieno controllo della Porta e diverse comunitą catalane, castigliane, portoghesi, siciliane e pugliesi(3) si insediarono nella parte centrale del Paese che costituiva la zona pił sviluppata e promettente dal punto di vista commerciale. I porti di Valona(4) e Durazzo insieme alle pił importanti cittą dell’interno, Elbasan e Berat , divennero sedi di consistenti comunitą commerciali. Altri ebrei, invece, si stabilirono pił a nord, in diverse cittą dell’attuale Còssovo. Nel 1673 Sabbetai Zevi fu esiliato dal Sultano a Dulcigno (oggi in Montenegro) e qui morģ tre anni pił tardi(5). All’inizio del XIX secolo gli ebrei albanesi subirono espropriazioni e misure restrittive ordinate da Alì Pascią di Tepelenë, governatore di Giannina, che cercava di rendersi indipendente dalla Porta. A partire da questo momento la comunitą ebrea all’interno dei futuri confini dello Stato albanese iniziņ a diminuire. Al termine della Prima Guerra Mondiale solo un piccolo numero di ebrei viveva in Albania. Secondo il censimento del 1930 vi erano 204 ebrei in Albania. La Comunitą Ebraica fu riconosciuta ufficialmente dallo Stato il 2 aprile 1937(6).
Negli anni in cui iniziavano le persecuzioni antisemiriche, l’Albania – allora sotto la monarchia di re Zog – protesse gli ebrei e li aiutņ a fuggire dalla Germania, dall’Austria e da quella che una volta era stata la Cecoslovacchia(7). Nel 1939 alcune famiglie provenienti dall’Austria e dalla Germania si rifugiarono in Albania e si stabilirono a Tirana e a Durazzo.
Anche dopo l’invasione italiana, avvenuta nel corso di quell’anno, le autoritą albanesi fecero il possibile per sottrarre gli ebrei ai tedeschi. Dopo la spartizione della Jugoslavia tra Italia e Germania, e l’annessione del Còssovo all’Albania, molti ebrei scapparono dalla Croazia e dalla Serbia e si rifugiarono nel territori albanesi. Questi rifugiati furono trattati bene sia dalla popolazione locale che dagli italiani. Una parte di loro fu inviata in Italia dopo essere passata nel campo di transito di Kavajë, un’altra parte, invece, fu consegnata ai tedeschi e inviata al nord nel campo di Prishtinë. Dopo la resa dell’Italia, nel settembre del 1943, l’Albania cadde in mano alla Germania, ma quasi tutti gli ebrei riuscirono ad evitare di essere catturati. Si calcola che grazie all’aiuto della popolazione albanese circa 350 famiglie ebree furono salvate nonostante l’occupazione tedesca(8).
Alla fine della guerra gli ebrei che si erano rifugiati in Albania vollero indirizzare un messaggio di ringraziamento al nuovo regime comunista. Ma il loro sollievo durņ poco. Infatti Enver Hoxha, segretario del partito comunista, una volta consolidato il proprio potere, avviņ una crescente repressione nei confronti di tutte le comunitą religiose albanesi. Durante il 1967, nell’ambito della rivoluzionarizzazione (la rivoluzione culturale albanese) la lotta antireligiosa toccņ il culmine e fu imposta la chiusura di tutti i luoghi di culto, compresa la sinagoga di Tirana. Nonostante tutto, un piccolo gruppo di ebrei, facendo fronte ad enormi difficoltą, continuņ a riunirsi segretamente in una casa di Tirana in occasione delle festivitą(9).
Nel 1990 il regime comunista, che caso unico al mondo era ancora stalinista, iniziņ a mostrare chiari segni di cedimento. Sotto la pressione della popolazione urbana e degli studenti e della comunitą internazionale che vincolava la concessione degli aiuti necessari alla disastrata economia del Paese all’avvio della democrazia, nel novembre di quell’anno fu concessa la libertą religiosa e la possibilitą di espatriare.
In quei giorni ebbe inizio l’operazione denominata “Tappeto Volante” organizzata nel pił grande segreto dal governo israeliano e da quello albanese con la collaborazione dei governi italiano e greco(10). Nel corso di quattro mesi, dal novembre all’aprile seguente, l’intera comunitą ebraica albanese (la gran parte dei quali viveva nella capitale, pochi altri invece a Valona e a Korçë) ha lasciato l’Albania. La maggioranza, circa 320 persone, č giunta in Israele, mentre una cinquantina hanno preferito scegliere come destinazione finale gli Stati Uniti(11). Alla base della decisione di abbandonare l’Albania non vi sarebbe perņ l’antisemitismo, ma soprattutto la volontą di sfuggire alla grave crisi economica e sociale che attraversava – e attraversa – il Paese.

Note

(1) R. Morozzo della Rocca, Nazione e religione in Albania (1912-1944), Bologna, 1990, p. 12.Torna
(2) Un’opera sulla storia degli ebrei albanesi č stata scritta da Josheph Jakoel. Cfr. E. Barnavi (a cura di), Histoire universelle des Juifs, Parigi, 1992, p. 213.Torna
(3) A. Milano, Storia degli Ebrei italiani nel Levante, s.l., 1949, pp. 64-66.Torna
(4) E. Benbassa; A. Rodrigue, Juifs des Balkans, Parigi, 1993, p. 69.Torna
(5) E. Barnavi, op. cit., p. 148; E. Benbassa; A. Rodrigue, op. cit., p. 130-131.Torna
(6) Encyclopedia of the Holocaust, New York, 1990, p. 523.Torna
(7) S. Schwartz, “Some Notes on Albanian Jewry”, Albanian Catholic Bulletin (San Francisco), vol. XII, 1991, pp. 112-113.Torna
(8) Alcune testimonianze sono riportate in V. Saraçeni, “Albanians and Hebrews”, Albanian Catholic Bulletin, vol. XIII, 1992, pp.107-110; “The First Albanian to be Recognized as a Savior of Hebrews”, ibid. p. 110.Torna
(9) E.E. Jacques, The Albanians – An Ethnic History from Prehistoric Times to the Present, Londra, 1995, p. 666.Torna
(10) E. Champseix; J.P. Champseix, L’Albanie ou la logique du désespoir, Parigi, 1992, pp. 134-135.Torna
(11) E.E. Jacques, op. cit., p. 666.Torna

Lino Sciarra
KOMUNITETI EBRAIK SHQIPTAR
(«Orientalia Karalitana», N. 3, Prill 1998, pp. 319-321)

Megjithėse e vendosur gjeografikisht nė Europė, Shqipėria ėshtė njė vend nė kryqėzimin midis Lindjes dhe Perėndimit, urė lidhėse midis vendeve tė Ballkanit dhe Italisė,njė lloj nyje lidhėse midis botės greke dhe asaj latine, midis botės sllave dhe asaj islamike. Qysh prej kohės sė ndarjes sė perandorisė romake nė Perėndimore dhe atė tė Lindjes, kufijtė midis Orientit dhe Perėndimit priteshin nė Shqipėri. Kjo ndarje nė Mesjetė nė sajė tė sistemit konservator tė Millet vazhdoi edhe nėn dominimin otoman.Edhe pas arritjes sė pavarėsisė mė 1912 dhe megjithė vendosjen e regjimit komunist mė pas Shqipėria nuk e humbi kėtė veēori si zonė ndėrmjetėse ku Lindja ndahej me Perėndimin.
Nė periudhėn e fundit,ngjarjet e dhmbėshme tė rėnies sė kominizmit tėrhoqėn vėmėndjen rreth pakicės ēifute e pranishme nė kėtė vend.Historia e kėsaj pakice ėshtė magjepsėse jo vetėm se njihet pak, por edhe sepse ėshtė e lidhur pazgjidhmėrisht me historinė komplekse tė popullit shqiptar. Disa vendndodhje ēifutėsh ishin prezente nė vend duke nisur qė nga fundi i shek.XII. Nė vazhdim nė shek. XVI mijėra ēifutė tė pėrzėnė nga gadishulli Iberik, u strehuan nė Perandorinė Otomane. Kėtu me pėrjashtim tė njė takse jo fort tė madhe, e cila ishte e detyruar pėr tė gjithė jomyslymanėt, asnjė detyrim tjetėr nuk iu vu ēifutėve. Veē kėsaj, jo vetėm identiteti i tyre fetar ishte i toleruar gjerėsisht, por ata inkurajoheshin nė aktivitetin e tyre tregėtar dhe u lejoheshin tė gjitha tė drejtat civile. Nė kėtė periudhė Shqipėria ishte nėn kontrollin e plot tė Portės dhe disa komunitete tė ndryshme si Katalane,Kastiliane, portugeze, siēiliane dhe puliz, ishin vendosur nė pjesėn qėndrore tė vendit, e cila ishte pjesa mė e zhvilluar nga pikėpamja tregėtare. Portet e Vlorės dhe Durrėsit sėbashku me qytetet mė tė rėndėsishme si Elbasani dhe Berati u bėnė qėndra tė vazhdueshme tregėtare. Tė tjerė ēifut gjithashtu u vendosėn mė nė veri, nė disa qytete tė Kosovės sė sotme. Mė 1673 Sabbetai Zevi u internua nga Sulltani nė Dulcigno (Mali i Zi i sotėm ) dhe atje vdiq tre vjet mė vonė. Nė fillim tė shek. XIX ēifutėt shqiptarė pėsuan shpronėzime dhe tė tjera masa shtrėnguese tė urdhėruara nga Ali Pashė Tepelena, guvernatori i Janinės, i cili kėrkonte tė shkėputej nga Porta. Nga ky moment komuniteti ēifut qė ndodhej brėnda kufijve tė ardhėshėm tė shtetit shqiptar filloi tė pakėsohej. Nė fund tė luftės sė parė botėrore nė Shqipėri jetonin vetėm njė numėr i vogėl ēifutsh. Sipas regjistrimit tė vitit 1930, nė Shqipėri kishte vetėm 204 ēifut. Komuniteti ēifut u njoh zyrtarisht nga shteti mė 2 prill 1937.
Nė vitet kur filluan persekutimet antiebrej Shqipėria - nė atė kohė nėn monarkinė e mbretit Zog - i mbrojti dhe i ndihmoi ēifutėt qė largoheshin nga Gjermania, Austria, dhe Ēekosllovakia e asaj kohe. Mė 1939 disa familje tė ardhura nga Austria dhe Gjermania u strehuan nė Shqipėri duke u vendosur nė Tiranė dhe Durrės.
Edhe pas pushtimit italian tė realizuar nė kėtė vit, autoritete shqiptare bėn ē`ishte e mundur pėr t`i fshehur ēifutėt nga gjermanėt. Pas ndarjes sė Jugosllavisė midis Gjermanisė dhe Italisė dhe aneksimit tė Kosovės Shqipėrisė, shumė ēifut shpėtuan duke u larguar nga Kroacia dhe Sėrbia duke u strehuar nė teritorin shiptar. Kėta refugjat u trajtuan mirė si nga popullsia lokale ashtu edhe nga italianėt. Disa prej tyre pas qėndrimit pėr pak kohė nė kampin e Kavajės u dėrgua nė Itali, kurse disa tė tjerė iu dorėzuan gjermanėve dhe u dėrguan nė kampin e Prishtinės. Pas kapitullimit tė Italisė nė shtator 1943, Shqipėria ra nėn sundimin gjerman, por pothuaj tė gjithė ēifutėt arritėn tė shpėtojnė pa u kapur nga gjrmanėt. Llogariten rreth 350 familje ēifute qė falė ndihmės sė popullsisė shqiptare t`i shpėtojnė ēfarosjes sė gjermanėve.
Pas mbarimit tė luftės ēifutėt qė ishin strehuar nė Shqipėri, ēfaqėn dėshirėn qė t`i drejtonin njė mesazh mirėnjohjeje regjimit tė ri. Por qetėsia e tyre zgjati pak kohė. Nė fakt Enver Hoxha, sekretar i pėrgjithėshėm i Partisė Komuniste, pasi e konsolidoi pushtetin e vet filloi njė represion nė rritje ndaj tė gjitha komuniteteve fetare shqiptare. Gjatė vitit 1967, nė kuadėr tė revolucionarizimit(revolucioni kulturor shqiptar)lufta antife arriti kulmin me mbylljen e tė gjitha kulteve duke pėrfshirė edhe sinagogėn e Tiranės. Pavarėsisht nga kjo, njė pjesė e ēifutėve duke pėrballuar vėshtirėsi tė mėdha, vazhduan tė mblidheshin fshehurazi nė njhtėpi tė Tiranės me raste festash.
Mė 1990 filluan tė duken shėnjat e rėnies sė regjimit komunist, qė ishte unik nė stalinizmin e tij. Nėn presionet e popullsisė qytetare dhe tė studentėve si dhe komunitetit ndėrkombėtar, i cili i kushtėzonte ndihmat e nevojshme ekonomike me ndryshimet demokratike, nė nėntor 1990 u lejua liria fetare dhe mundėsia e riatdhesimit.
Nė kėto ditė e pati fillesėn operacioni “Qilim Fluturues” i organizuar nė sekret tė plotė nga qeveria izraelite dhe ajo shqiptare me bashkėpunimin e qeverive italiane dhe greke. Gjatė katėr muajve, nga nėntori deri nė prill tė vitit nė vazhdim, i tėrė komuniteti ēifut shqiptar (pjesa mė e madhe e tė cilit jetonte nė kryeqytet, pak tė tjerė nė Vlorė dhe Korēė) u largua nga Shqipėria.Pjesa mė e madhe e tyre u vendos nė Izrael (rreth 320 persona), ndėrsa 50 tė tjerė preferuan si destinacion tė fundit Amerikėn. Nuk ishte antisemitizmi arsyeja e largimit nga Shqipėria, por mbi tė gjitha largimi nga gjėndja e rėndė ekonomike dhe sociale qė pėshkonte - dhe pėrshkon vėndin.

(Përkthim nė gjuhen shipe i Prof. Minella Aleksi - Chicago; tekst origjinal nė italisht)

© «Orientalia Karalitana»: Quaderni di Studi Africani e Orientali, Dipartimento Storico-Politico-Internazionale, Sezione di Storia e Istituzioni dei Paesi Extraeuropei, Facoltà di Scienze Politiche, Università degli Studi di Cagliari; Direttore: Emilio Bottazzi; Redazione: Annamaria Baldussi, Emilio Bottazzi, Bianca Maria Carcangiu, Pierpaola Cossu, Bruno Manca, Patrizia Manduchi

Leggi anche: GRAZIE, ALBANIA di Michele Sarfatti

Index