GIOVANNI ARMILLOTTA, PhD ON LINE PËR SHQIPTARËT
Kryeredaktor:
Roland Sejko, Roma, Viti VII, N. 127, 27 janar-9 shkurt 2005
27 Gennaio - Giornata della Memoria
GRAZIE, ALBANIA
di Michele
Sarfatti
Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano
Tirana ha
istituito la giornata per commemorare le vittime della Shoah e delle altre persecuzioni.
Ma in Albania nessun ebreo fu deportato.
Solo in Albania
la tremenda macchina della Shoah conobbe un arresto, uno stop. Il poderoso Terzo
Reich deportò perfino gli ebrei che vivevano sotto le finestre del papa, ma
non deportò quelli che vivevano in questo piccolo Paese. Ciò costituisce un
titolo di merito, un grande indice di vera civiltà. Come cittadino europeo,
vi dico: grazie
Shoah è una parola ebraica,
che significa catastrofe, disastro, distruzione. Con il vocabolo Shoah si denomina
ciò che è stato compiuto contro gli ebrei, in gran parte dEuropa, negli
anni Trenta e Quaranta del Novecento, a opera del regime nazista tedesco con
il concorso di molti altri governi e partiti fascisti e reazionari. La Shoah
è un evento unico nella storia del nostro continente. Pensiamo per esempio agli
ebrei dellisola di Rodi: uomini e donne, bambini e anziani. Essi vennero
tutti arrestati, trasferiti su nave e su treno in un luogo distante centinaia
di miglia, il campo di Auschwitz-Birkenau, al fine di esservi uccisi tutti con
il metodo tecnologicamente avanzato di stanze sigillate e sature di gas mortale.
LEuropa e il mondo hanno conosciuto, purtroppo, numerose altre persecuzioni
e massacri. La Shoah si differenzia dagli altri per il suo carattere assoluto,
per la sua dimensione continentale, per limpiego della scienza e della
tecnologia. Nessuno aveva pensato prima, nessuno ha pensato dopo, a qualificare
come nemico da distruggere, da annientare, un neonato ebreo, tutti i neonati
ebrei; e poi ad allestire strutture di uccisione capaci di sopprimere molte
vite in pochi secondi; e poi a costruire dei forni crematori finalizzati a eliminare
con rapidità i corpi delle persone che venivano uccise con rapidità nelle camere
a gas.
E, prima di ciò, occorre ricordare che tanti governi del continente avevano
emanato leggi antiebraiche, che definivano gli ebrei una razza e
non una religione, e che revocarono loro diritti fondamentali come il diritto
al lavoro, il diritto allistruzione, fino allo stesso diritto della cittadinanza.
Quando gli alleati e le forze della Resistenza sconfissero definitivamente lo
schieramento nazifascista, le vittime ebree erano ornai un numero enorme, quasi
inconcepibile. Il bilancio finale della Shoah fu la scomparsa di sei milioni
di esseri umani, uccisi nei campi di sterminio allestiti in Polonia, nelle foreste
russe, nelle campagne serbe, nelle pianure sul Mar Nero. Morirono così oltre
tre quarti degli ebrei di Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Germania, Olanda,
Austria, Jugoslavia e Grecia. Negli altri Paesi europei la percentuale delle
vittime fu minore, ma non per questo meno tragica. Vi furono anche casi come
quello della Bulgaria, che protesse gli ebrei di cittadinanza bulgara, ma concordò
la deportazione degli ebrei della Macedonia. Vi furono anche delle eccezioni.
Gli ebrei della Danimarca e della Finlandia si salvarono quasi tutti. E si salvarono
tutti quelli che si trovavano in Albania.
Ma osserviamo meglio cosa accadde in questa parte dEuropa. LItalia
fascista occupò lAlbania nel 1939. Roma esportò a Tirana al meno una parte
della propria legislazione antiebraica. Nel 1941 lItalia e la Germania
occuparono tutte le altre regioni della penisola balcanica. In Croazia venne
costituito uno stato autonomo, governato dagli ustascia. La Macedonia venne
annessa alla Bulgaria. Tra il 1941 e il 1943 i nazisti e le autorità croate
e bulgare uccisero, o deportarono, o fecero deportare gli ebrei della Croazia,
della Bosnia, della Serbia, della Macedonia e della Grecia settentrionale (Salonicco).
Gli ebrei della Dalmazia, del Montenegro, dellAlbania, della Kosova e
della Grecia meridionale erano invece sotto lautorità delloccupante
italiano. Roma conduceva una politica antisemita contraria alluccisione
degli ebrei, ma era oscillante nei confronti delle richieste di collaborazione
di Berlino. In concreto, dobbiamo riconoscere che nel marzo 1942 le autorità
italiane di occupazione della Kosova consegnarono alle autorità tedesche di
occupazione della Serbia 51 ebrei tedeschi e austriaci che si erano rifugiati
a Prishtinë. Non abbiamo nessun documento sul destino di questi ebrei;
ma sappiamo che tutti gli ebrei di della Serbia, locali e profughi, nessuno
escluso, vennero uccisi dai nazisti.
Pochi mesi dopo, nellagosto 1942, Mussolini dette il suo nulla osta alla
consegna ai tedeschi degli ebrei croati presenti nella Dalmazia occupata; però
alcune autorità diplomatiche e militari italiane ostacolarono quel progetto,
e nei mesi successivi nessun ebreo venne consegnato ai nazisti o agli ustascia.
Tuttavia dobbiamo tenere presente che il 15 luglio 1943 il capo della polizia
italiana a Roma ordinò al responsabile della polizia italiana a Nizza, in Francia,
di consegnare alla polizia tedesca di Marsiglia gli ebrei tedeschi e austriaci
che si trovavano nei territori francesi occupati dallItalia. La consegna
non avvenne perché il 25 luglio 1943 vi fu la caduta di Mussolini, del capo
della polizia, e quindi anche di quellordine.
Il nuovo governo italiano creato nellestate 1943 iniziò una trattativa
segreta con gli Alleati. L8 settembre fu annunciato larmistizio.
LItalia abbandonò tutti i territori occupati in Francia e nella penisola
balcanica, compresa lAlbania. Lesercito tedesco occupò lItalia
centro-settentrionale e tutti i suoi ex territori.
Nei mesi seguenti, i nazisti deportarono gli ebrei della Francia meridionale,
dellItalia, della Dalmazia, del Montenegro, della Kosova e della Grecia
centrale e meridionale. In particolare, per quanto riguarda la penisola balcanica,
gli ebrei di Spalato/Split vennero arrestati tra lottobre 1943 e il marzo
1944, quelli del Montenegro nel febbraio 1944, quelli di Atene e Yannina nel
marzo 1944, quelli di Corfù nel giugno 1944, quelli di Prishtinë nella
primavera 1944. (Come ho già detto, gli ebrei di Belgrado, Sarajevo e Kosova
Mitrovica erano stati arrestati nel 1941-1942, quelli di Skopje e di Monastir-Bitola
nel marzo 1943, quelli di Salonicco nel marzo-giugno 1943.)
Insomma, vi è stata solo una regione dei Balcani occupata dai tedeschi (qui
ovviamente non parlo dei territori liberati dalla Resistenza) nella quale gli
ebrei sono rimasti vivi: lAlbania. Occorre tenere presente che, a seguito
dellinvasione italiana e tedesca del 1941, la Kosova era stata annessa
allAlbania. Ma, relativamente alla deportazione degli ebrei di Prishtinë
nel 1944, dobbiamo dire che le notizie e i documenti oggi noti indicano che
gli arresti furono effettuati dalla divisione SS Skanderbeg, agli ordini diretti
delle autorità tedesche, senza il coinvolgimento delle autorità di Tirana. La
tragedia degli ebrei di Prishtinë nel 1944 merita tutto il nostro rispetto,
e io auspico che possa essere meglio studiata. Ma torniamo al fatto che gli
ebrei dellAlbania storica, nei suoi confini attuali, sono
rimasti tutti vivi. Lo storico si domanda: perché? Per quali motivi ciò è accaduto?
La risposta è semplice. Il motivo è che non è ancora stata compiuta una ricerca
storica; non sono ancora stati studiati i documenti, che pure esistono. Vi dirò
che alcuni studi sulla Shoah in Europa addiritura non si occupano dellAlbania.
Solo alla fine di un complesso studio, potremo dare una risposta storiografica
di carattere scientifico.
Io non posso anticipare quelle conclusioni. Posso però dirvi che esiste un documento
tedesco di quellepoca che contiene unindicazione molto importante
per la comprensione storica. Vediamo cosa dice e cosa lascia capire. Si tratta
del riassunto di un colloquio, avvenuto il 17 ottobre 1943, a Berlino, tra un
alto responsabile del ministero degli Esteri del Terzo Reich e il capo della
polizia segreta di Stato, la Gestapo. Il colloquio aveva per oggetto lo sviluppo
della politica antiebraica tedesca in tutti i territori ex italiani. Per la
Francia meridionale, la linea dazione era quella di iniziare subito gli
arresti e le deportazioni. Stessa cosa veniva decisa per la Grecia meridionale.
In Italia lazione doveva essere ancora più fulminea perché
si temeva la reazione della Chiesa cattolica. Per le regioni balcaniche sullAdriatico
si prendeva atto del fatto che una parte degli ebrei si trovava in zone liberate
dai partigiani. (Questo accadde anche in Albania; ma la mia relazione non si
occupa del soccorso agli ebrei dato dalla Resistenza.) Nella riunione del 17
ottobre 1943, i due alti esponenti del governo nazista parlarono anche della
situazione albanese. Il capo della Gestapo disse al suo interlocutore che egli
comprende benissimo la posizione del ministero degli Esteri (tedesco),
secondo cui una operazione eseguita senza il consenso del governo albanese,
o senza che questi ne sia a conoscenza, apparirebbe offensiva e potrebbe causare
gravi complicazioni in Albania. Per questo motivo, il capo della Gestapo
concluse che lazione in Albania era sospesa, in attesa del momento
opportuno.
Per comprendere queste parole, dobbiamo ricordare nuovamente che la Germania
nazista deportò gli ebrei da tutti i territori via via occupati. Per lItalia,
di fronte alla possibilità di una reazione pubblica della Santa Sede (che peraltro
non avvenne), fu deciso di procedere in fretta con gli arresti. Sempre per lItalia,
le deportazioni furono iniziate prima ancora che Mussolini costituisse il nuovo
governo della Repubblica sociale italiana e poi vennero continuate con il suo
consenso e la sua collaborazione. Nel marzo 1944 i tedeschi entrarono in Ungheria,
misero in piedi un nuovo governo, e iniziarono subito a trattare la deportazione
di quegli ebrei. In Albania tutto questo non accadde. Berlino sapeva, perlomeno
nellottobre 1943, di non poter contare su Tirana per deportare gli ebrei.
Questo è un dato di fatto. Peraltro, è mio dovere precisare che io conosco meno
di voi la storia dellAlbania, quindi non posso e non voglio analizzare
qui le caratteristiche e la politica del governo albanese durante loccupazione
tedesca.
Il secondo dato di fatto sono i sentimenti e i comportamenti dei singoli albanesi
non-ebrei. Dico singoli albanesi e non popolazione albanese,
perché non credo che i componenti di un popolo possano avere tutti caratteristiche
positive o tutti caratteristiche negative. Vi sono, per esempio, persone che
addebitano la Shoah a tutti i tedeschi in quanto tali; a loro io
ricordo che alla fine della guerra vi erano alcune migliala di ebrei sopravvissuti
nella stessa città di Berlino, ossia nel cuore dellimpero nazista. Dobbiamo
riconoscere che se ciò potè avvenire, fu grazie al soccorso offerto da uomini
e donne cosidetti ariani che erano anchessi tedeschi.
Dunque, parliamo di albanesi non-ebrei. Ebbene, esistono numerose testimonianze
di ebrei ospitati e soccorsi in Albania da non-ebrei. Molte di queste storie
sono già state raccolte e pubblicate. Ora, sarebbe opportuno condurre una vera
ricerca scientifica su di esse e sul comportamento altruistico. Nel frattempo
possiamo e dobbiamo dire una cosa molto semplice: quel comportamento altruistico
è avvenuto. Ed è stato un bene.
Per concludere il mio discorso, e in attesa che proseguano le ricerche che ho
auspicato, credo che si sia verifìcata una sorta di convergenza tra atteggiamento
del governo e comportamento della popolazione. Il risultato di ciò fu che in
Albania la tremenda macchina della Shoah conobbe un arresto, uno stop. Il poderoso
Terzo Reich deportò perfino gli ebrei che vivevano sotto le finestre del papa,
ma non deportò quelli che vivevano in questo piccolo Paese. Ciò costituisce
un titolo di merito, un grande indice di vera civiltà. Con la legge istitutiva
del Giorno della Memoria voi dichiarate di voler proseguire su quella strada.
Come cittadino europeo, vi dico: grazie.
Leggi anche: LA COMUNITÀ EBRAICA ALBANESE di Lino Sciarra