IL REGNO DELLA VIRTù E IL GOVERNO DEI FILOSOFI
Nel 250° anniversario della nascita del grande ed immortale rivoluzionario francese
Maximilen Robespierre (1758-1794)
Sui princìpi dEL GOVERNO RIVOLUZIONARIO
Il rapporto presentato il 5 nevoso, anno II (25 dicembre 1793) alla Convenzione a nome del Comitato di salute pubblica; Robespierre era suo membro dal 27 luglio dello stesso anno. Il testo originale è in Oeuvres de Maximilien Robespierre, Société des études robespierristes, Parigi, 1961-1967, a cura, fra gli altri, di Marc Bouloiseau, Georges Lefebvre e Albert Soboul, v. X, pp. 273-282; il testo italiano è in Maximilien Robespierre, La rivoluzione giacobina, a cura di Umberto Cerroni, Roma, Editori Riuniti, 1984, pp. 145-157.
I successi addormentano le anime deboli; stimolano invece gli animi forti.
Lasciamo pure che l’Europa e la storia vantino i miracoli di Tolone (1), e prepariamoci nuovamente ad altri trionfi della libertà.
I difensori della Repubblica adottano la massima di Cesare: essi ritengono che non si sia fatto ancora niente fino a che resterà qualche altra cosa da fare. E ci restano ancora abbastanza pericoli per tenere occupato tutto il nostro zelo.
Vincere gli inglesi e i traditori è una cosa ben facile per il valore dei nostri soldati; ma vi è una impresa non meno importante e più difficile: confondere – con una costante energia – gli eterni intrighi di tutti i nemici della nostra libertà e far trionfare i princìpi sui quali deve riposare la prosperità pubblica.
Questi sono i primi doveri che avete imposto al vostro Comitato di salute pubblica.
Noi svilupperemo innanzitutto i princìpi e la necessità del governo rivoluzionario; in seguito mostreremo qual è mai la causa che tende a paralizzarlo fin dal suo nascere.
La teoria del governo rivoluzionario è nuova come la rivoluzione che le ha dato vita. Non bisogna dunque ricercarla nei libri degli scrittori politici, i quali non hanno affatto previsto questa rivoluzione, né nelle leggi dei tiranni, che – paghi di abusare della loro potenza – si occupano ben poco di ricercare i fondamenti della sua legittimità. Analogamente, questa parola è, per l’aristocrazia, solo un motivo di terrore od un testo di calunnia; per i tiranni non è altro che uno scandalo; per molta gente è solo un enigma. E allora bisogna spiegarlo a tutti, per accostare per lo meno i buoni cittadini ai principi del pubblico interesse.
La funzione del governo è quella di dirigere le forze morali e fisiche della nazione verso la meta della sua istituzione.
Il fine del governo costituzionale è di conservare la Repubblica: mentre quello del governo rivoluzionario è di fondarla.
La rivoluzione è la guerra della libertà contro i suoi nemici: la Costituzione è il regime della libertà vittoriosa e pacifica.
Il governo rivoluzionario ha bisogno di una attività straordinaria, precisamente perché si trova in stato di guerra. Esso è sottomesso a regole meno uniformi e meno rigorose, perché le circostanze in cui si viene a trovare sono tempestose e mobili, e soprattutto perché esso è costretto ad impiegare incessantemente risorse nuove e rapide, per pericoli nuovi e pressanti.
Il governo costituzionale si occupa principalmente della libertà civile; ed il governo rivoluzionario, invece, della libertà pubblica. In un regime costituzionale, è sufficiente proteggere gli individui contro l’abuso del pubblico potere: sotto il regime rivoluzionario il pubblico potere stesso è obbligato a difendersi contro tutte le fazioni che lo attaccano.
Il governo rivoluzionario deve dare ai buoni cittadini tutta la protezione nazionale; ma ai nemici del popolo deve dare solamente la morte.
Queste nozioni sono sufficienti per spiegare l’origine e la natura delle leggi che noi chiamiamo rivoluzionarie. Coloro che le chiamano arbitrarie o tiranniche sono solo dei sofisti stupidi o perversi, che cercano di confondere tra loro gli opposti. Essi vogliono sottomettere allo stesso regime la pace e la guerra, la salute e la malattia, o piuttosto, vogliono soltanto la risurrezione della tirannia e la morte della patria. Se invocano l’esecuzione letterale dei princìpi costituzionali, è soltanto per poterli violare impunemente. Essi sono solamente dei vili assassini che, per soffocare senza alcun rischio la Repubblica nel suo nascere, si sforzano di «garottarla» con massime vaghe dalle quali sanno poi bene scostarsi.
La nave della Costituzione non è stata costruita per restare sempre nel suo cantiere, certo. Ma bisogna forse lanciarla sul mare al culmine della tempesta e proprio sotto l’influenza di venti contrari? Proprio questo, infatti, volevano i tiranni e gli schiavi che si erano opposti alla sua costruzione; ma il popolo francese, invece, vi ha ordinato di attendere il ritorno della calma (2). Il suo desiderio unanime, gridato sopra i clamori dell’aristocrazia e del federalismo, vi ha comandato di liberarlo prima di tutto dai suoi nemici.
I templi degli dèi non sono fatti per servire di asilo ai sacrileghi che vengono a profanarli, né la Costituzione è fatta per proteggere i complotti dei tiranni che cercano di distruggerla.
Se il governo rivoluzionario dev’essere più attivo nel suo cammino e più libero nei suoi movimenti che non il governo ordinario, è per ciò stesso forse meno giusto e meno legittimo? No certo. Esso è basato sulla più santa di tutte le leggi, la salvezza del popolo; sul più irrefragabile di tutti i titoli, la necessità.
Esso ha inoltre le sue regole, tutte basate sulla giustizia e sull’ordine pubblico. Non ha proprio nulla in comune con l’anarchia né con il disordine. Il suo scopo è, al contrario, di reprimerli, per condurci al dominio delle leggi e per affermarlo. Esso non ha proprio nulla in comune con l’arbitrio: poiché non sono certo le passioni particolari che devono dirigerlo, bensì l’interesse pubblico.
Esso deve avvicinarsi ai principi ordinari e generali in tutti i casi in cui essi possono essere rigorosamente applicati senza compromettere la libertà pubblica. La misura della sua forza deve essere l’audacia o la perfidia dei cospiratori. Più esso diviene terribile verso i cattivi, più deve essere favorevole ai buoni. Più le circostanze gli impongono necessari rigori, e più esso deve astenersi da misure che torturano inutilmente la libertà, e che offendono gli interessi privati senza alcun pubblico vantaggio.
Esso deve vogare tra due scogli, la debolezza e la temerità, il moderatismo e gli eccessi; il moderatismo, che sta alla moderazione così come l’impotenza sta alla castità; e gli eccessi, che stanno all’energia così come l’idropisia sta alla salute.
I tiranni hanno costantemente cercato di risospingerci verso la schiavitù sulle strade del moderatismo; e qualche volta essi hanno voluto gettarsi nell’estremo opposto.
I due estremi tendono allo stesso punto. Non ha importanza se si trovano al di qua o al di là dello scopo, lo scopo è mancato in entrambi i casi. Nulla assomiglia più all’apostolo del federalismo che il predicatore intempestivo della repubblica universale (3). L’amico dei re ed il procuratore generale del genere umano se la intendono abbastanza bene. Il fanatico ricoperto di scapolari ed il fanatico che predica l’ateismo hanno tra loro molti punti in comune. I baroni democratici sono i fratelli del marchese di Coblenza; e talvolta i berretti rossi sono vicini ai tacchi rossi (4) più di quanto non si possa pensare.
Ma è proprio qui che il governo rivoluzionario ha bisogno di una estrema circospezione; poiché tutti i nemici della libertà vegliano per rivolgere contro di lui non soltanto i suoi errori, ma perfino le sue più sagge misure.
Se esso cade in ciò che si chiama esagerazione allora cercano di far trionfare il moderatismo e l’aristocrazia. E se esso persegue questi due mostri, essi spingono con tutte le loro forze all’esagerazione.
È pericoloso lasciare loro i mezzi per sviare lo zelo dei buoni cittadini; ma è più pericoloso ancora demoralizzare e perseguitare i buoni cittadini che essi hanno ingannato. Con l’uno di questi abusi la Repubblica rischierebbe di spirare in un moto convulso; con l’altro perirebbe infallibilmente per languore.
Che cosa si deve fare, dunque? Perseguire i colpevoli inventori dei perfidi sistemi, proteggere il patriottismo anche nei suoi errori; illuminare i patrioti ed innalzare incessantemente il popolo all’altezza dei suoi diritti e dei suoi destini.
Se non adotterete questa regola, rovinerete tutto.
Se occorresse scegliere tra un eccesso di fervore patriottico ed il nulla dell’incivismo, o il marasma del moderatismo, allora non vi sarebbe certo da tentennare. Un corpo vigoroso, infatti, tormentato da una sovrabbondanza di linfa vitale, ha sempre più risorse di un cadavere.
Guardiamoci soprattutto dall’uccidere il patriottismo nella pretesa di guarirlo.
Il patriottismo è ardente per sua natura. E chi mai può amare freddamente la sua patria? Esso è in particolare la prerogativa delle persone semplici, poco capaci di calcolare le conseguenze politiche dovute ad un suo slancio patriottico.
E qual è mai il patriota, pur se illuminato, che non si sia mai sbagliato? Eh via! Se si ammette che possano esistere perfino dei moderati e dei vili in buona fede, perché mai non dovrebbero esistere dei patrioti di buona fede, che talvolta sono trascinati troppo lontano, ma solo da un sentimento lodevole?
Se si considerassero criminali tutti coloro i quali, nel movimento rivoluzionario, hanno oltrepassato la linea precisa tracciata dalla prudenza, si involgerebbero forse in una generale proscrizione, assieme ai cattivi cittadini, anche tutti gli amici naturali della libertà, i vostri stessi amici e tutti i migliori sostenitori della Repubblica. E gli scaltri emissari della tirannia, dopo averli ingannati, diverrebbero essi stessi i loro accusatori, e forse i loro giudici.
Chi dunque saprà chiarire queste sfumature? Chi sarà mai a tracciare la linea di demarcazione tra gli eccessi opposti? Sarà l’amore della patria e della verità. I re ed i briganti cercheranno sempre di cancellarla: essi infatti non vogliono aver nulla a che fare con la ragione e con la verità.
Nell’indicare i doveri del governo rivoluzionario abbiamo sottolineato quali sono i suoi scogli. Quanto più un potere è grande, quanto più la sua azione è libera e rapida, tanto più è necessaria la buona fede per dirigerlo.
Il giorno in cui esso cadrà in mani impure o perfide la libertà sarà perduta; il suo nome diverrà il pretesto e la scusa della stessa controrivoluzione; la sua energia sarà semplicemente quella di un potente veleno.
E così anche la fiducia del popolo francese è legata non tanto all’istituto della Convenzione nazionale, quanto al carattere che questo istituto ha dimostrato.
Nel riporre tutto il suo potere nelle vostre mani, esso si attende da voi un governo tanto benefico verso i patrioti, quanto terribile verso i nemici della patria. Esso vi ha imposto il dovere di impiegare al tempo stesso tutto il coraggio per schiacciarli, e soprattutto di stringere tra voi l’unione di cui, avete bisogno per adempiere i vostri destini.
Fondare la Repubblica francese non è un gioco da bambini, non può essere l’opera del capriccio o dell’apatia, né il risultato fortuito dell’urto delle pretese particolari e di tutti gli elementi rivoluzionari. Fu la saggezza, così come la potenza, a presiedere alla creazione del mondo.
Nell’imporre ai membri scelti fra di voi l’arduo compito di vegliare incessantemente sui destini della patria vi siete dunque imposti l’obbligo di prestare loro l’appoggio della vostra forza e della vostra fiducia. Se il governo rivoluzionario non è secondato dall’energia, dai lumi, dal patriottismo e dalla benevolenza di tutti i rappresentanti del popolo, come potrà mai avere una forza di reazione proporzionata agli sforzi dell’Europa che lo attacca, e di tutti i nemici della libertà che lo opprimono da ogni parte?
Guai a noi se daremo retta alle perfide insinuazioni dei nostri nemici, i quali possono vincerci solo gettando su di noi la divisione! Guai a noi, se spezzeremo il nostro legame invece di rinserrarlo più strettamente, e se gli interessi privati e la vanità offesa si faranno sentire al posto della patria e della verità!
Innalziamo il nostro animo all’altezza delle virtù repubblicane e degli antichi esempi. Temistocle aveva più genio dell’anziano generale che comandava la flotta dei greci: e tuttavia, quando costui, per tutta risposta ad un avvertimento necessario che avrebbe dovuto salvare la patria, alzò il bastone per colpirlo, Temistocle si contentò di replicargli: «Colpisci pure, ma ascolta». E la Grecia trionfò sui tiranni dell’Asia.
Scipione valeva ben più di un altro generale romano: eppure, dopo aver vinto Annibale e Cartagine, si fece una gloria di servire agli ordini del suo nemico. O virtù di quei grandi cuori! Che cosa sono mai dinanzi a te tutte le agitazioni dell’orgoglio e tutte le pretese delle piccole anime? O virtù, sei forse meno necessaria per fondare la Repubblica che non per governarla in pace? O patria, hai tu forse meno diritto sui rappresentanti del popolo francese che non la Grecia e Roma sui suoi generali? Che dico? Se in mezzo a noi le funzioni dell’amministrazione rivoluzionaria non sono più considerate doveri pesanti, ma solo oggetti di ambizione, allora la Repubblica è già perduta.
Bisogna che l’autorità della Convenzione nazionale sia rispettata in tutta Europa; è per degradarla, è per annullarla che i tiranni impiegano tutti i mezzi della loro politica e prodigano i loro tesori. Bisogna che la Convenzione prenda la ferma risoluzione di preferire il suo governo a quello del gabinetto di Londra e delle corti d’Europa; poiché, se non sarà lei a regnare, regneranno i tiranni.
E quali vantaggi non avranno mai in questa guerra dell’astuzia e della corruzione che essi conducono contro la Repubblica? Tutti i vizi combattono per loro; mentre la Repubblica non ha per sé altro che le virtù. E le virtù sono semplici, modeste, povere, spesso anche ignoranti, talvolta perfino grossolane; esse sono l’appannaggio degli infelici ed il patrimonio del popolo. I vizi invece sono circondati da tutti i tesori, armati di tutte le attrattive della voluttà e di tutti gli allettamenti della perfidia; sono scortati da tutti i talenti pericolosi, tenuti in esercizio per il crimine.
Con quale arte profonda i tiranni ritorcono contro di noi, non dico le nostre debolezze, ma perfino il nostro patriottismo!
Con quale rapidità potrebbero svilupparsi i germi di divisione che essi gettano in mezzo a noi, se non ci affrettiamo a soffocarli!
Grazie a ben cinque anni di tradimenti e di tirannia, grazie a fin troppa imprevidenza e crudeltà, e a qualche colpo vigoroso troppo contraddetto da un pentimento pusillanime, l’Austria, l’Inghilterra, la Russia, la Prussia, l’Italia hanno avuto il tempo di stabilire in Francia un governo segreto, rivale del governo francese. Esse hanno anche i loro comitati, la loro tesoreria, i loro rappresentanti; questo governo acquista la forza che noi togliamo al nostro, ha l’unità che ci è per lungo tempo mancata, il senso politico di cui noi crediamo fin troppo di poter fare a meno, lo spirito di coerenza e quell’accordo di cui noi non abbiamo mai sentito a sufficienza la necessità.
Così le corti straniere hanno da lungo tempo vomitato sulla Francia tutti gli abili scellerati che esse tengono assoldati. I loro emissari infestano ancora i nostri eserciti; e la stessa vittoria di Tolone ne è la prova: è occorsa infatti tutta la bravura dei soldati, tutta la fedeltà dei generali, tutto l’eroismo dei rappresentanti del popolo per avere ragione del tradimento.
Essi deliberano nelle nostre amministrazioni, nelle nostre assemblee di sezione; si introducono nei nostri clubs; si sono seduti perfino nel santuario della rappresentanza nazionale. E dirigono e dirigeranno eternamente la controrivoluzione in questo modo.
Essi si aggirano intorno a noi: sorprendono i nostri segreti, assecondano le nostre passioni; cercano perfino di ispirarci le nostre opinioni: ritorcono contro di noi le nostre risoluzioni.
Siete deboli? Essi lodano la vostra prudenza. Siete invece prudenti? Essi vi accusano di debolezza: e chiamano temerarietà il vostro coraggio; crudeltà la vostra giustizia. Trattateli con riguardo: essi cospireranno pubblicamente; minacciatelì, e cospireranno nelle tenebre; e sotto la maschera del patriottismo! Ieri assassinavano i difensori della libertà; oggi si mescolano ai loro funerali, e chiedono per essi onori divini, spiando l’occasione propizia per assassinare i loro simili.
Bisogna accendere la guerra civile? Essi predicano tutte le follie della superstizione. La guerra civile è vicina a spegnersi nei fiotti del sangue francese? Essi abiurano il loro sacerdozio e i loro dei per riaccenderla.
Si sono visti inglesi e prussiani spandersi nelle nostre città e nelle nostre campagne annunciando, nel nome della Convenzione nazionale, una dottrina insensata; si sono visti preti spretati alla testa di assembramenti sediziosi, dei quali la religione era solamente il motivo e il pretesto. Già alcuni patrioti, trascinati ad atti imprudenti dal solo odio per il fanatismo, sono stati assassinati. Il sangue è già scorso a fiotti in molte contrade per queste deplorevoli contese, come se noi avessimo fin troppo sangue per combattere i tiranni dell’Europa. O vergogna! O debolezza della ragione umana! Una grande nazione è apparsa lo zimbello dei più miserabili valletti della tirannia!
Per qualche tempo sembrava che fossero gli stranieri gli arbitri della pubblica tranquillità. Il denaro circolava o spariva a loro piacimento. Quando essi lo volevano il popolo trovava del pane; quando essi lo volevano il popolo ne era privato. Alcuni capannelli alle porte dei fornai si formavano e si dissipavano solo ad un loro segnale.
Essi ci circondano con i loro sicari, con i loro spioni: noi lo sappiamo, li vediamo, eppure essi vivono ancora! Sembrano proprio inaccessibili alla spada della legge! Anche oggi punire un cospiratore importante è più difficile che strappare un amico della libertà dalle mani della calunnia.
Non appena abbiamo denunciato gli eccessi falsamente filosofici, provocati dai nemici della Francia; non appena il patriottismo ha pronunciato in questo tribunale la parola «ultrarivoluzionario» (5), che li designava; subito i traditori di Lione, tutti i partigiani della tirannia, si sono affrettati ad, applicarla ai patrioti caldi e generosi che avevano vendicato il popolo e le leggi. Da un lato essi rinnovano l’antico sistema di persecuzione contro gli amici della Repubblica; dall’altro invocano indulgenza in favore degli scellerati coperti del sangue della patria.
Tuttavia i loro crimini si accumulano; le corti empie degli emissari stranieri si reclutano ogni giorno; e la Francia ne è inondata. Essi attendono, ed attenderanno eternamente, un momento favorevole per i loro sinistri progetti. Essi si trincerano, si fortificano in mezzo a noi; suscitano nuovi timori, o nuove batterie controrivoluzionarie, mentre i tiranni che li stipendiano riuniscono nuovi eserciti.
Sì, i perfidi emissari che ci parlano, che ci blandiscono, sono i fratelli, sono i complici degli sgherri feroci che devastano i nostri raccolti, che hanno preso possesso delle nostre città e delle nostre navi acquistate dai loro padroni, che hanno massacrato i nostri fratelli, trucidato senza pietà i nostri prigionieri, le nostre donne, i nostri figli... e i rappresentanti del popolo francese; che dico? I mostri che hanno commesso quei delitti sono mille volte meno atroci dei miserabili che dilaniano segretamente le nostre viscere. Ed essi respirano e cospirano impunemente.
Essi attendono solo dei capi per raccogliersi e li cercano in mezzo a voi. Il loro principale obiettivo è di mettervi gli uni contro gli altri. Questa lotta funesta rialzerebbe le speranze dell’aristocrazia, riannoderebbe la trama del federalismo; vendicherebbe la fazione girondina della legge che ha punito i suoi misfatti. Essa punirebbe la Montagna per la sua dedizione sublime; poiché è proprio la Montagna, o piuttosto la Convenzione che si vuole attaccare, dividendola e distruggendo la sua opera.
Quanto a noi, non faremo la guerra se non agli inglesi, ai prussiani, agli austriaci ed ai loro complici. Ed è solamente sterminandoli che noi risponderemo ai loro libelli. Non sappiamo odiare se non i nemici della patria.
Non è già nel cuore dei patrioti o degli infelici che bisogna portare il terrore: ma nelle tane dei briganti stranieri ove si dividono le spoglie del popolo francese e si beve il suo sangue.
Il comitato ha rilevato che la legge non è abbastanza pronta nel punire i grandi colpevoli. Alcuni stranieri, alcuni rappresentanti ben noti dei re coalizzati, alcuni generali bagnatisi del sangue dei francesi, alcuni complici di Dumouriez, di Custine e di Lamorlière sono già da tempo in stato di arresto, ma non vengono giudicati.
I cospiratori sono numerosi: e sembrano moltiplicarsi, ma gli esempi di questo genere sono rari. La punizione di cento colpevoli oscuri e subalterni non è utile alla libertà quanto il supplizio di un solo capo della cospirazione.
I membri del tribunale rivoluzionario, di cui in generale si può lodare il patriottismo e l’equità, hanno essi stessi indicato al Comitato di salute pubblica le cause che talvolta ostacolano il suo cammino senza renderlo più sicuro e ci hanno chiesto la riforma di una legge che risente dell’epoca disgraziata in cui è stata formulata. Noi vi proporremo di autorizzare il comitato a presentarvi a tale riguardo qualche cambiamento che tenderà a rendere l’azione della giustizia ancor più propizia verso l’innocenza, e al tempo stesso ancor più inesorabile per il crimine e per l’intrigo. Voi stessi con un precedente decreto lo avete già incaricato di questo.
Vi proporremo, da questo momento, di affrettare il giudizio degli stranieri e dei generali accusati di cospirare con i tiranni che ci fanno la guerra.
Non è sufficiente spaventare i nemici della patria: bisogna anche soccorrere i suoi difensori. Solleciteremo dunque dalla vostra giustizia alcune disposizioni in favore dei soldati che combattono e che soffrono per la libertà.
L’esercito francese non è soltanto il terrore dei tiranni; è. la gloria della nazione e dell’umanità. Marciando verso la vittoria i nostri valorosi guerrieri gridano: «Viva la Repubblica». Le loro ultime parole sono inni di libertà; il loro ultimo respiro è un augurio per la patria. Se tutti i comandanti avessero avuto il valore dei loro soldati l’Europa sarebbe stata vinta già da tempo. Ogni atto di benevolenza nei riguardi dell’esercito è un atto doveroso di riconoscenza da parte della nazione.
I soccorsi accordati ai difensori della patria ed alle loro famiglie ci sono sembrati troppo modesti. Crediamo che possano essere aumentati di un terzo: e ciò non arrecherebbe alcun inconveniente. Le ingenti risorse finanziarie che la Repubblica possiede consentono questa misura. La patria la reclama.
Ci è sembrato anche che i soldati mutilati, le vedove e i figli di coloro che sono morti per la patria, trovassero nelle formalità richieste dalla legge, nella moltitudine delle domande, talvolta perfino nella frode o nella malvagità di alcuni amministratori subalterni, difficoltà che ritardavano il godimento dei vantaggi che la legge assicura loro. Ed abbiamo pensato che il rimedio a tale inconveniente sia quello di dar loro dei difensori d’ufficio per facilitargli il mezzo di far valere i loro diritti.
In base a tutti questi motivi, vi proponiamo che la Convenzione nazionale decreti i seguenti articoli:
Art. I. Il pubblico accusatore del tribunale rivoluzionario farà giudicare immediatamente Diétrich, Custine, figlio del generale punito dalla legge, Debrullis, Biron, Barthélemy e tutti i generali ed ufficiali imputati di complicità con Dumouriez, Custine, Lamorlière, Houchard, ecc. Analogamente farà giudicare gli stranieri, i banchieri e gli altri individui imputati di tradimento e di connivenza con i re alleati contro la Repubblica.
Art. II. Il Comitato di salute pubblica farà, nel più breve tempo possibile, il suo rapporto sugli strumenti per perfezionare il tribunale rivoluzionario.
Art. III. I soccorsi e le ricompense accordate dai precedenti decreti ai difensori della patria feriti combattendo per essa oppure alle loro vedove ed ai loro figli vengono aumentati di un terzo.
Art. IV. Sarà creata una commissione incaricata di facilitare loro i mezzi per godere dei vantaggi che la legge ha loro accordato.
Art. V. I membri di questa commissione saranno nominati dalla Convenzione nazionale, su proposta del Comitato di salute pubblica.
Il testo integrale in francese è in: http://membres.lycos.fr/discours/gouvernement revolutionnaire.htm
Note
(1) Tolone era stata tolta agli inglesi il 19 dicembre 1793.Torna
(2) La Convenzione aveva deciso che la Costituzione del 1793 sarebbe stata applicata alla fine della guerra.Torna
(3) Allusione al ribellismo federalista di taluni dipartimenti girondini e alla predicazione hébertista della guerra di liberazione universale.Torna
(4) Gli aristocratici.Torna
(5) Robespierre stesso aveva definito «ultrarivoluzionario» Cloots, cui rimproverala la campagna di scristianizzazione.Torna