Bibl.:«Il Tirreno», quotidiano di Livorno, f. 1876, 24 dicembre 1995

Giovanni Armillotta
CHE MALINCONIA NEI CIRCOLI DI TENNIS!
Non si parla più dei grandi campioni di una volta

Un mezza racchetta appassionato che percorra gli ambienti dei circoli tennistici, si trova di fronte a un’atmosfera di generale indifferenza verso ciò che è storia e passato, pure prossimo, di questo sport.
Nella grande maggioranzai soci paiono interamente assorbiti dai loro interessi e dalle loro occupazioni, sia di lavoro che famigliari prescindendo in maniera assoluta dallo spirito associativo che in un certo qual modo, dovrebbe essere un momento di spensieratezza e allegria, e non visione del tennis a guisa di terapia medica o esacerbazione agonistica. Quante volte si sentono chiamar fuori palle almeno di mezzometro in campo; quante volte l’anelata attesa non è quella di giocare, bensì il giudizio di una pesa-persone.
Dai banchi di prima elementare – dove i profumi del refettorio ci ricordavano che eravamo ancora poveri – mi precipitavo a casa per accendere il televisore appena acquistato (correva il 1963): non per calcio, ma per tennis. Maioli-Tacchini, Migliori-Pericoli. Donne raffinate e gentiluomini senza tempo accarezzavano una palla che non sapevi mai dove andasse. Da allora la passione si fece più forte e dal piccolo schermo passai ai campi rossi. Scattanti adolescenti e attempati signori si confrontavano in infiniti set privi di respiro; fino a quando l’imberbe Jimmy Connors sconfiggeva a Wimbledon ’74 il leggendario Kenneth Rosewall, in una finale che segnò il tramonto del tennis classico. Povero Ken, entrato nella leggenda, per aver perso quattro finali di singolo al cospetto della duchessa di Kent.
Tanti anni sono trascorsi, ma gli appassionati di allora che incrociavano le racchette sapevano chi fossero De Morpurgo, Lacoste, Budge e Tilden; oggi i tennisti anche “vecchi”, di vecchio conoscono al massimo Piola, Pelé, Mazzola e Rivera. Che malinconia!

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© Giovanni Armillotta, 1998