Bibl.:«La Nazione», quotidiano di Firenze, f. 1859, 27 febbraio 1994

Giovanni Armillotta
VERSO QUALE DEMOCRAZIA
La testimonianza del corrispondente Rai dall’Estremo Oriente, il collega Federico Scianò,
in un dibattito organizzato dall’Associazione “Metodo”

Dalla democrazia enunciata al metodo democratico è stato il tema dell’incontro organizzato da “Metodo” (Pisa), che ha visto la presenza del collega della Rai, Federico Scianò, corrispondente dall’Estremo Oriente. Nella breve introduzione, il presidente dell’Associazione, Pier Luigi Maffei, ha ricordato l’impegno di “Metodo” nella società civile, ribadendo la necessità di orizzontare l’associazione nel delicato momento politico, verso persone che rappresentino realmente e moralmente le esigenze pubbliche, politiche e amministrative. Di conseguenza è essenziale indicare candidati scelti nella società – alternativi ai politici di professione che fino a ieri sono stati l’espressione di coloro che hanno concesso deleghe senza troppo riflettere. Successivamente Maffei ha dato la parola a Federico Scianò. Questi, partendo dai tragici fatti di piazza Tiananman del giugno 1989 – esempio emblematico del fallimento dell’ideologia marxista-leninista – ha attraversato le due grandi rivoluzioni moderne (francese e bolscevica), considerando il “crollo del muro” come fase finale della differenza fittizia fra i presupposti di libertà formale (liberalismo) e sostanziale (comunismo). Infatti Scianò ha sottolineato che il comunismo non ha sbagliato negl’ideali, ma nel modo di applicazione del sistema politico, ossia nel rifiutare il metodo democratico. Se la democrazia è il metodo numerico con cui si stabiliscono i governi, le ideologie hanno trasformato il potere esecutivo in regime. Conducendo il discorso al nostro Paese, dopo il fascismo ci siamo ritrovati in una fase di democrazia bloccata, in quanto non tutti gli storici sono d’accordo sul fatto che la democrazia italiana sia stata un dato permanente – a causa della presenza di due poli contrari basati sull’opposto rifiuto e su due diverse concezioni della storia: la tolleranza interclassista e liberale, e la violenza giustificata dalla lotta di classe, sostenuta dalla dittatura del proletariato.
Pur valutando regola comune, il confronto democratico affermatosi tra i due blocchi contrapposti, esso ha assunto toni di bipartitismo imperfetto. Il clima di guerra fredda prima, e di consociativismo dopo, ha favorito il fenomeno della corruzione– inquadrato sull’immutabilità dell’uomo politico-notabile, insostituibile nella funzione di garante dello statu quo istituzionale. Con una Dc appiattita sul potere, ed un Pci, per partito preso, insofferente ad ogni proposta di progresso civile – auspicante allora, modelli da Est europeo di triste memoria. Perciò si è avuta la fine dell’attitudine critico-dialettica; inoltre l’impossibilità di un’alternativa di governo è stata consolidata dal meccanismo proporzionale che, col tempo – dilatatosi –ha portato all’ingovernabilità. In conclusione Scianò ha indicato in modelli sociali – assolutamente opposti – il successo del metodo democratico (Stati Uniti e India); egli ha messo in evidenza che la democrazia non è ideologia, bensì metodo perfettibile da assimilare per giungere anche in Italia ad una reale e possibile alternanza, vera garanzia di un buon governo.

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© Giovanni Armillotta, 1998