Bibl.: «Università toscana», Siena, I (1995), N. 2 (Aprile), p. 7
Intervista di Giovanni
Armillotta ai Proff. Emilio Picasso
e Mario Rosa,
direttore e vicedirettore
della Scuola Normale Superiore di Pisa
NORMALISTI ECCELLENTI
La Scuola Normale Superiore di Pisa istituzione di assoluti valori e originalità mondiali, pregio e vanto della cultura accademica toscana
Nello storico Palazzo dei Cavalieri, sede della Scuola Normale Superiore, «Università toscana» ha incontrato Emilio Picasso, ordinario di Fisica, direttore della Scuola di fresca nomina e membro straniero dell’Accademia delle Scienze di Francia e Mario Rosa, ordinario di Storia moderna, vice-direttore. Prima dell’intervista ci teniamo a sfatare un luogo comune sulla Scuola Normale Superiore: non è un’università, non vi si sostengono esami universitari, né si conseguono lauree. I suoi allievi sono per tutto ciò tenuti ad iscriversi all’Ateneo pisano, dove frequentano appunto i corsi previsti dal corso di laurea scelto, ne sostengono gli esami, conseguono la laurea. I normalisti sono tenuti a sostenere tutti gli esami previstidal corso di laurea nei termini fissati dalla facoltà, senza poter riportare in alcun esame un voto inferiore ai 24/30, e dovendo mantenere una media annuale di almeno 27/30. A tali obblighi si aggiungono quelli di studio specificatamente interni alla Scuola Normale.
G.A. – Quali sono
i corsi di specializzazione che hanno dato maggior lustro alla Scuola Normale?
E.P. – Più che
i corsi sono gli allievi e i professori ad aver dato lustro alla Normale, attraverso
la loro validità e personalità umana e scientifica. Un corpo accademico
di prima qualità, omogeneamente superiore alla media, e le scelte oculate
degli studenti, che si fanno per concorso, danno l’impronta di grande autorevolezza
e prestigio alla Scuola. Se si va a vedere nella storia, la Normale ha eccelso
nelle matematiche. Nel campo delle lettere filologico-classiche vi è
una grande tradizione di studi. Attualmente di rilievo è l’aspetto storico,
storico-artistico collegato anche al settore dell’informatica. Nella classe
delle scienze, oltre alle matematiche, si è affermata una solida tendenza
nella fisica, fino dall’epoca di Fermi, inizialmente matematica. Certamente
questa scuola è un miracolo, avendo allievi brillantissimi pur essendo
una piccola istituzione quindi, il problema della Scuola Normale è di
riuscire a mantenersi all’altezza del suo passato.
G.A. – Com’è
la ripartizione degli allievi fra le due classi?
E.P. – Grossomodo al
50%. In genere la classe di scienze prende un’unità in più negli
allievi ordinari sia per il raggiungimento della laurea che per il perfezionamento,
ma in media vige un perfetto equilibrio.
G.A. – Appurato che
si entra per concorso, quante domande vengono accettate?
E.P. – Stando agli ultimi
dati, nella classe di scienza su una media di 400 domande si accettano circa
20 studenti; nella classe di lettere variano dai 18 ai 22 studenti su circa
300 domande.
G.A. – Quali sono
le ragioni di esistenza di una scuola superiore così grande per un numero
esiguo di studenti?
E.P. – Data la qualità
– non sarei rientrato in Italia se non per venire a dirigerla – direi che come
ogni scuola di prestigio è un modello culturale da estendere, dopo un’opportuna
analisi critica fatta con cautele e non emotivamente. L’attenzione deve continuare
a dare a questa struttura uno sviluppo adeguato nei prossimi anni, tenendola
al passo con i tempi e allargando gli insegnamenti, come la biologia, per esempio.
Quarant’anni fa era un corpo ancora più esiguo, ma già dagli anni
70 ha avuto una notevole estensione, che riteniamo possa accrescere il processo
di arricchimento, mantenendo però inalterati ed elevatissimi i criteri
di selezione nei concorsi. Attualmente ci sono 330 studenti compresi i borsisti
di scambio, 35 docenti e circa 90 ricercatori.
G.A. – È vero
che i normalisti soffrono del complesso di superiorità?
M.R. – Sono consapevoli
della qualità e del livello raggiunto attraverso lavoro ,tirocinio, impegno,
non comuni e notevoli negli anni. Oltre al fatto di avere un carico gravoso
tra appuntamenti di studio, corsi universitari e Scuola Normale, seminari, eccetera.
È proprio questa consapevolezza che, secondo il carattere di ognuno,
a volte può essere travisata di eccessivo orgoglio.
G.A. – Dopo il diploma
di perfezionamento quanti restano in ambito universitario e quanti altri varcano
i confini accademici?
E.P. – Essendo difficile
seguire immediatamente dopo i percorsi dei nostri perfezionandi, è indicativo
illustrare una statistica relativa agli anni accademici che vanno dal 1971 al
1984. Classe di lettere: 249 allievi, 25 professori ordinari, 56 professori
associati, 95 ricercatori universitari, 45 professori di liceo, sei professori
in università straniere, 22 fra funzionari di Stato e giornalisti. Classe
di scienze: 279 allievi, 73 ordinari, 85 associati, 65 ricercatori universitari,
18 ricercatori Cnr-Enea, 15 ricercatori d’industria, 25 professori in università
straniere. La maggior parte resta nel mondo universitario o scientifico. Tra
l’altro, la Scuola Normale è stata tra le prime ad avere un corso triennale
convenzionato con l’industria con l’Eni-Montecatini per scienze applicate dei
materiali molecolari, da non confondere con il dottorato di ricerca o con il
perfezionamento; in questo caso la metà degli allievi è entrata
nel settore dell’industria. In definitiva, nessuno resta senza lavoro.
G.A. – Quali rapporti
esistono tra la Scuola Normale e l’Università?
E.P. – Ottimi. C’è
un’interrelazione molto forte, considerando anche che il rettore e molti presidi
sono ex normalisti.
© Giovanni Armillotta, 1998