Bibl.: «LArno», Pisa, VI (1993), N. 15 (17 luglio), p. 8
Giovanni
Armillotta
ORIGINI E SVILUPPO ATTUALE
DELLINDUSTRIA CONCIARIA A PISA
Molti si chiedono il perché
le attività conciarie pisane, sia artigianali che industriali, siano
sempre state ai vertici della produzione nazionale. In specie, negli anni Sessanta,
si ebbe il massimo sviluppo, quando si affermò una struttura adeguata
alle esigenze di quel momento.
Lo studioso Tito Antoni afferma
che furono le strette e secolari relazioni di scambio con i Saraceni dellAfrica
settentrionale che incentivarono larte della concia in Pisa fin dal XII
sec. Infatti, con un privilegio del 10 luglio 1156, il sovrano di Tunisi esentava
i Pisani dal dazio dovuto per lesportazione dellallume, materia
prima importante per lindustria del cuoio, che evidentemente aveva già
preso largo sviluppo nella nostra città. A questo proposito il prof.
Marco Tangheroni, ricorda che già una pergamena del 1116 comprova che
a Pisa fossero importati i famosi cuoi di Cordova, allora la più grande
e ricca città della Spagna musulmana; ed in alcuni suoi saggi afferma
che non è azzardato risalire sin allXI sec. per simili contatti
ancor più elevati col mondo islamico.
La disponibilità di
uningente quantità dacqua, elemento indispensabile per il
processo della concia; la vicinanza di zone forestali con mirteti e castagneti;
fonti di estrazione di sostanze tannanti; considerevoli allevamenti regionali
di bestiame bovino ed ovino, che fornivano notevoli quantità di pelli
allindustria (la quale daltro canto poteva agevolmente procurarsi
per via marittima la materia prima da terre lontane), costituirono le condizioni
favorevoli per la secolare affermazione del cuoio pisano.
Il prof. Bruno Casini osserva
che questa attività industriale visse e prosperò anche quando
a causa del dominio fiorentino (1406) decaddero in Pisa quasi tutte le attività
economiche, ma grandi mercanti del settore, come Iacopo di Corbino, potevano
permettersi di essere fra i più ricchi cittadini e primeggiare addirittura
sui colleghi emergenti di Firenze.
Lindustria conciaria
prima di affermarsi totalmente in provincia sussisteva ancora nella città
alla fine del XIX sec. Santa Croce sullArno, attualmente, è al
centro di un polo conciario di rilevanza internazionale, che comprende altri
quattro comuni: Castelfranco di Sotto, Montopoli in ValdArno, Santa Maria
a Monte e San Miniato; stando allultimo censimento dellindustria
e del commercio 1991 (aggiornato al 31 dicembre 1992) in questarea il
settore conciario impiega 7.550 addetti, occupati in 1028 unità lavorative
un aumento, rispetto al censimento 1981, di 95 unità lavorative e 249
addetti.
Le concerie della zona coprono
quasi il 30% della produzione nazionale di pelli per pelletteria e oltre il
90% di quelle di cuoio da suola.
Il dato è importante
considerando che i 7.550 addetti rappresentano solo il 5,4% della popolazione
lavoratrice della nostra provincia (139.932 occupati su 394.277 abitanti, al
20 ottobre 1991). Il settore conciario pisano esprime una valenza economica
che lo pone ai primi posti nel contesto produttivo-economico della Toscana,con
un fatturato annuo che tocca i 2.500 miliardi. La produzione è destinata
per un 25% ai mercati esteri e il restante 75% al mercato interno.
Lesportazione estera
(dal 1° gennaio al 30 settembre 1992) è di 288 miliardi e 542milioni,
pari al ben 10% di tutte le esportazioni nazionali del settore. La CEE assorbe
il 65,15% delle esportazioni, gli altri Paesi europei il 7,98, gli USA il 4,35%,
e gli Stati extraeuropei il 22,53%.
Limpatto ambientale
Il problema ecologico è
stato affrontato dai conciatori con la realizzazione di alcune strutture depurative
fra le più grandi ed efficienti dEuropa, favoriti dal fenomeno
dellassociazionismo che iniziò a svilupparsi nel corso degli anni
Settanta.
Le aziende sono consociate
in tre organizzazioni: lAssociazione Conciatori, fondata nel 1976, che
raccoglie circa 300 concerie dei comuni di Santa Croce, Castelfranco di Sotto
e del fiorentino Fucecchio; lAssociazione Lavorazioni per Conto Terzi,
Stampatori, Stiratori e Affini (ASSA) e il Consorzio di Ponte a Egola, con 150
concerie.
I soci di AC e ASSA dettero
vita nel 1980, al Consorzio Depuratore Aquarno SpA, che si fece carico di portare
a compimento nei termini di legge lampliamento del depuratore centralizzato
già allora esistente, costruito dal comune di Santa Croce nel 1972, cioè
quattro anni prima dellemanazione delle legge Merli.
Limpianto, che nel 1982
consentiva la depurazione chimico-fisica di 30.000 mc/giorno di scarichi industriali
e civili, ha attivato nel 1983 la linea di depurazione biologica, e oggi ha
una potenzialità di depurazione pari a 2 milioni di abitanti equivalenti.
Altri due depuratori sono stati
realizzati per motivi logistici a Ponte a Cappiano, frazione di Fucecchio, e
in località La Confina nel comune di Castelfranco di Sotto, al servizio
rispettivamente di 48 e 8 aziende. In questàmbito si è inserito
anche limpianto consortile per il recupero del cromo.
Nel 1981 fu costituito il Consorzio
Recupero Cromo SpA, al quale oggi aderiscono 172 aziende. Limpianto, che
si estende su una superficie di 13 mila metri quadri, puòessere considerato
il primo nel mondo sia per le dimensioni che per lavanzata tecnologia.
A Ponte a Egola, zona specializzata
nella lavorazione del cuoio da suola, i conciatori hanno realizzato un impianto
consortile, in funzione dal 1981, gestito dalla Cuoiodepur SpA (composta di
164 aziende più il comune di S. Miniato), che ha una potenzialità
di 9.000 mc/giorno di scarichi industrialie 1.000 di scarichi civili.
Laltro grande problema
ecologico sono i fanghi derivati dalla lavorazione. I tecnici del servizio multizonale
di produzione dellUSL pisana sulla base di precise direttive della Regione
e di un brevetto scaturito da una ricerca del gruppo Argo di Pontedera
comunicarono nel 1987 che probabilmente non ci sarebbe stato bisogno né
di discariche, né di inceneritori per risolvere la suddetta questione.
Con questo materiale, si osservò, si sarebbero potuti realizzare i laterizi
con cui costruire le case del futuro... ma da allora non si è
saputo più nulla.
© Giovanni Armillotta, 1998