Città del Vaticano,
Anno CXLIII, N. 107 (43.343), Venerdì 9 Maggio 2003, Terza Pagina
Antonio
Chilà
Un volume di Giovanni Armillotta
ripercorre le tappe della diplomazia cairota dal 1967 al 1986
Un «excursus» sui ventanni di storia recente
che hanno caratterizzato la nuova politica estera egiziana
Gli anni compresi tra il
1967 ed il 1986 sono fondamentali per il consolidamento della nuova politica
estera egiziana.
È, prima di tutto, il ventennio seguente la guerra dei sei giorni
(5-10 giugno 1967) con le notevoli difficoltà economiche abbastanza sufficienti
ad evidenziare i limiti del colonnello Giamal Husain Abd an-Nasir (1918-1970),
meglio noto come Nasser, ma non a tal punto da intaccare la popolarità dello
stesso leader, il quale, dopo la sconfitta inflittagli dagli israeliani,
fu obbligato a ritirare, a furor di popolo, le proprie dimissioni da Presidente.
Sono anche gli anni della morte del Rais (28 settembre 1970) e dellascesa
al potere del successore, Anwar el Sadat, ideatore del distacco indolore dallUnione
Sovietica, dellemarginazione della sinistra nasseriana, dellattenuazione
dellautoritarismo, della progressiva cessazione del controllo dello Stato
sulleconomia e, soprattutto, propugnatore di unintesa con Israele
per riportare la pace nella tormentata regione mediorientale.
Sono gli anni della guerra del Kippur (1973). E Sadat, sconfitto
sempre dagli israeliani, non abbandona i tentativi per firmare la pace con Tei
Aviv. Anzi, intraprende lunghi negoziati separati con Israele. Una decisione
non priva di conseguenze. In politica estera, determina lisolamento dellEgitto
dal resto del mondo arabo. In politica interna, scatena la crescita dellopposizione
nei circoli nazionalisti, sostenuti dal fondamentalismo islamico.
Sono gli anni delluccisione di Sadat (6 ottobre 1981) e della presa del
potere di Hosni Mubarak e dei suoi tentativi di risanare una traballante situazione
economica aggravata da enormi disparità sociali. La sua politica dellapertura
(infitâh) non è sufficiente a trovare una soluzione alla congiuntura
politica, economica e finanziaria; a risanare il debito estero; a fermare linflazione:
tutte concause sfocianti in proteste popolari e studentesche. Ma la linea politica
dellinfitâh porta buoni risultati in campo internazionale:
la ripresa dei rapporti pieni con gli altri Stati arabi; il riavvicinamento
allUrss, la partecipazione a Nuova Delhi alla riunione del Movimento dei
Paesi non allineati; la visita al Cairo del Segretario di Stato Usa, la rappacificazione
con lOrganizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp); la riammissione
alla Conferenza Islamica dalla quale lEgitto era stato sospeso nel 1979
e, soprattutto, la ripresa del dialogo per la pace in Medio Oriente.
La nuova via intrapresa dalla politica egiziana, cioè quella più conosciuta
al grande pubblico, ha le sue basi nel ventennio 1967-1986 ed essa è costituita,
particolare meno noto ai non addetti ai lavori, anche da accordi, intese, patti
bilaterali o multilaterali siglati dallEgitto. E questi sono tanti, molti,
tra i quali si dipana lo studio compiuto da
Giovanni Armillotta in Egitto.
Affari esteri 1967-1986 (Edistudio, € 25,80).
Gli iniziali tre volumi dattiloscritti per un totale di 1.500 pagine
come precisa nella presentazione Vittorio Antonio Salvadorini, professore ordinario
di Storia ed Istituzioni dei Paesi afro-asiatici dellUniversità di Pisa
a conclusione di una ricerca iniziata nel 1984 e basata essenzialmente
sulle fonti documentaristiche e pubblicistiche coeve al periodo 1967-1986,
sono stati ridotti a 312 pagine piene di dati, di riferimenti e di annotazioni.
Ma andiamo con ordine. Lopera inizia illustrando, cronologicamente, la
storia egiziana dagli albori fino al 1967 in modo che il lettore o lo studioso
comprendano meglio il ruolo egiziano nellintricato mosaico mediorientale
e nellambito internazionale. Lautore si sofferma sul periodo nasseriano,
sulla nascita e la diffusione del nazionalismo arabo e del tentativo di gettare
le fondamenta di uno Stato soggetto ad invasioni, egemonie e pressioni di qualsiasi
genere da parte dei Paesi colonizzatori, soprattutto della Gran Bretagna. Non
meno interessante è lanalisi delle cause generanti il sorgere (1958) della
Repubblica Araba Unita (Rau), costituita dallunione tra Egitto, Siria
e Yemen, e il suo scioglimento, tre anni dopo, con lallontanamento della
Siria.
Segue la produzione pattizia egiziana con il Vicino e Medio Oriente e, via via,
con gli altri Stati. Lautore ha dedicato a questa parte del libro una
particolare cura segnalando i principali documenti con i quali le diplomazie
hanno stabilito gli orientamenti o attraverso i quali hanno raggiunto ulteriori
miglioramenti nei rapporti commerciali e non.
Con altri Stati, lEgitto, pur non avendo siglato accordi economico-finanziari
o patti intrattiene ottimi rapporti diplomatici. È il caso dello Stato della
Città del Vaticano. Paolo VI ha ricevuto due volte Sadat: l8 aprile 1976
e il 13 febbraio 1978. Nella prima udienza, Paolo VI, dopo aver ricordato la
millenaria cultura egiziana nonché il contributo cristiano alla storia
dellEgitto e quello egiziano alla storia della Chiesa, riconfermò
la disponibilità dei cattolici a collaborare al progresso del Paese specialmente
nel settore delleducazione e dei servizi sociali. Giovanni Paolo
II ha ricevuto, il 29 maggio 1980, il Ministro degli Esteri egiziano, Boutros
Boutros-Ghali, futuro Segretario delle Nazioni Unite; e lattuale Presidente
Mubarak il 6 settembre 1980 a Castel Gandolfo e, successivamente, il 30 gennaio
1982 in Vaticano.
Lopera dellArmillotta non è solo un excursus di politica
estera ma anche un testo di storia recente. Si pensi allimpegno della
diplomazia egiziana per cercare di risolvere lannosa questione del Sahara
Occidentale, ancora oggi insoluta. Negli anni Settanta, quando i rapporti tra
Algeria, Mauritania, Marocco e Fronte Popolare per la Liberazione di Saguiat
el-Hamra e Rio de Oro (Fronte Polisario, movimento operante nel Sahara
Occidentale), erano tesi a tal punto da far presagire uno scontro armato per
lautodeterminazione del Sahara Occidentale, intervenne lEgitto che
evitò un conflitto e indusse le parti al dialogo.
Ampio spazio, né poteva essere altrimenti, è dedicato dallautore
ai rapporti con Israele. In pagine dense di note, si dipana la storia dei rapporti
tra i due Paesi, le guerre e, infine, il Trattato di pace di Camp David.
Unaltra sezione del volume raccoglie interventi di personalità internazionali
sulla politica estera egiziana. Sono indicazioni, interpretazioni e, qualche
volta, spiegazioni di alcune decisioni adottate dalla diplomazia cairota.