Sveva Flaminia Mazzini
(Cultrice
di Assiriologia presso lUniversità degli Studi La Sapienza
di Roma)
LORRORE
fatti non foste a viver come bruti
Inf. XXVI, 119
Dove iniziare a narrare lorrore, la repulsione, il ribrezzo?
Si potrebbero raccontare infiniti incontri, sempre uguali, di persone che escono
assieme quattro o cinque volte al mese, e per questo si considerano amici. Si
ascolterebbero allora racconti pieni di orrore: miserie quotidiane, spregevoli
invidie, infime gelosie nulla a che vedere con il mostro dagli
occhi verdi, quello era sentimento potente, queste bassezze umane ;
si udrebbero uomini e donne che non sanno nulla di se stessi né degli altri
parlare per ore del niente, il vuoto assurto ad argomento di conversazione:
le automobili, il vestito nuovo, la casa al mare, il denaro; si sentirebbero
dileggiare persone che sono esattamente come loro, immersi però nellillusione
di essere diversi, di non aver passato la stessa miserabile vita nel nulla;
si sentirebbero domande poste non per sete di conoscenza, ma solo per pettegola
curiosità, si vedrebbero spuntare i loro artigli, a cercare di ghermire chi
si vuole sciogliere da quellabbraccio mortale. Si ascolterebbe paragonare
libri e film e opere darte che non dovrebbero essere accostati nella stessa
frase per comune decenza; perché lorrore è anche là, nel fatto
che essi si ritengano superiori, che pensino di potere e di saper parlare di
sogni nati dal genio degli uomini, quando del genio non hanno compreso nemmeno
il nome, figurarsi lanimo.
Si proverebbe lorrore di sentirsi rispondere con Independence Day
alla domanda sulla pellicola preferita, e il disgusto assalirebbe chi, come
noi, ha visto e amato Solaris, di Andrej Tarkovskij. Independence
Day, Solaris... non vi è nulla in comune tra queste persone, tra
queste vite, cè un intero oceano di orrore a dividerle.
Si udrebbero poi queste stesse persone svilire e sprezzare la propria lingua,
si coglierebbero i tanti se avrei, i se vorrei, i troppi
se sarei andato; un forestiero, che ha imparato questa infinitamente
varia lingua per amore, che ha passato anni a cercare di ricordare tutte le
sue sfumature, proverebbe orrore ad ascoltare coloro che qui son nati, coloro
che dovrebbero conservare come un bene prezioso le parole antiche, parlare con
un vocabolario che si riduce a cento termini, ché gli altri cento che conoscono
sono in una lingua straniera. E lorrore risiede ancora qui, perché essi
sono gli stessi che pensano di avere cultura, scambiando poche nozioni
apprese in fretta per lamore della conoscenza, esso sì vera fonte di sapere,
e si ritengono quindi migliori; e però non sanno coniugare i verbi, non hanno
ricordo degli aggettivi, non curano la varietà dei sostantivi, non vedono larmonia
della frase.
Si avrebbe orrore percependo una sera, una sera come tante, che si sono passati
anni tra il nulla e il vuoto, che ci si è fatti ingannare da coloro che parlavano
di niente, che si è ascoltato parole vuote e vane, perché ci avevano bendato
gli occhi e chiuso gli orecchi, così che non avessimo la tentazione di guardare
più in là, che non sentissimo il richiamo di un verbo a noi più affine; perché
è anche qui lorrore, coloro che non sanno e non vogliono che altri sappiano
provano odio per chi è sfuggito alla rete, per chi si è salvato dallorrore,
per chi è arrivato in luoghi ove ha trovato nutrimento per la propria anima.
Lorrore di vederli considerar se stessi come i depositari della verità, quella
verità che invece non hanno avuto il coraggio di guardare.
Lorrore dellomologazione, della normalità elevata a
valore assoluto, del vuoto che ha insozzato il loro animo, che così non era:
perché alcuni di essi in principio erano altro, avevano aspirazioni e desideri
e voglia di conoscenza e domande da fare e risposte da chiedere. Ma hanno venduto
la loro essenza per pochi denari e promesse non mantenute, hanno scambiato la
loro mente con una lastra dacciaio, hanno svuotato il loro animo della bellezza
e lhanno riempito con il nulla. Il loro animo! Pieno della melma nella quale
si rivoltano felici, poiché non hanno coscienza che di fango si tratti, e se
la percezione manca non ci si rende conto dellorrore nel quale si è immersi,
e si continua a sguazzare in esso.
Il disgusto per donne stupide, che hanno barattato il loro animo nato per essere
eterno in cambio di pochi anni di finta gioventù, donne che non hanno mai amato
se stesse, affannate a negare il loro essere femminile, cullandosi nellillusione
che ciò le avrebbe portate altrove rispetto alle loro madri e nonne, per ritrovarsi
poi in un baratro di vergogne e umiliazioni. Donne che, vuote di cuore e di
pensiero, si chiedono perché mai non vengano amate per il loro cervello
e cosa si dovrebbe amare di una mente che ha smesso di pensare, se mai lha
fatto? e chi dovrebbe accorgersi della loro anima, se mai lhanno avuta?
Gli uomini? Quegli stessi che hanno promesso di non pensare?
Lorrore è qui, ancora, di nuovo, orrore di fronte a finti uomini che parlano
di nulla, ne fanno motivo di dialogo, disgusto nel coglierli che guardano le
donne passare, solo perché il mondo, e gli amici, non pensino a loro come a
delle checche, ché questo, per essi, è essere uomini.
Lorrore di vederli mentre scrutano fluire la vita, laccidia che
non permette loro di alzarsi e allungare la mano a toccarla, lorrore di
vedere la morte che è loro compagna, la morte dellintelletto e dellanima,
la morte del pensiero.
Lorrore che prende noi di fronte a tutto questo, lorrore che proviamo guardando
al mondo, la consapevolezza che noi siamo altro, noi che dalle parole traiamo
nutrimento e linfa, noi che non finiamo mai di stupirci e di domandare, noi
che chiediamo a noi stessi di non cedere, noi che cerchiamo la verità, a qualunque
costo, noi che ci riconosciamo uno con laltro, noi che abbiamo animo colmo
di grazia e beltà, perché non abbiamo mai permesso che fosse riempito col nulla,
noi che lottiamo per non farci imprigionare, noi che così non siamo, noi che
non siamo omologati, noi che non siamo stati catturati, noi che ci chiamiamo
fuori e proviamo orrore.