Federica Guazzini
(Ricercatrice
allUniversità degli Studi di Siena)
Recensione a International Conference on African Constitutions
a
cura di L.V. Piergigli e I. Taddia
Da almeno quattro decenni lAfrica Sub-Sahariana si presenta
allattenzione degli studiosi come un laboratorio di politica costituzionale
in continua evoluzione. Allinizio degli anni 60, la decolonizzazione
e il raggiungimento dellindipendenza ha visto i nuovi Stati dellAfrica
sub-sahariana adottare carte costituzionali di matrice democratica mutuate dallex
potenza coloniale, ma la rapidità del processo di decolonizzazione - con leccezione
dei possedimenti portoghesi - ha ostacolato il radicamento, "trapianto", secondo
il linguaggio specialistico, del modello statuale occidentale nel continente.
Le difficoltà politiche ed economiche dellemancipazione e dello sviluppo
hanno reso ben presto evidente come tale modello fosse debolmente compatibile
con le esigenze di consolidare lunità nazionale. Dalla metà degli anni
60, lautoritarismo ha soppiantato il pluri-partitismo originario
e le revisioni costituzionali hanno quindi segnato labbandono dellispirazione
liberale delle garanzie costituzionali. Con le opposizioni imbavagliate e il
rafforzamento dellesecutivo in regimi presidenziali, si è inaugurata nellAfrica
Sub-Sahariana una stagione di colpi di stato, militari e civili. Durante gli
anni70 e 80, lo stato di diritto si è dissolto in favore dellistituzionalizzazione
del sistema mono-partitico; il capillare controllo del potere da parte del capo
carismatico è stato quindi sancito dalla promulgazione di costituzioni di stampo
autocratico. Mentre, a livello ufficiale, tale sistema di potere veniva ideologicamente
sostenuto con teorie occidentali di diversa ispirazione - quali, ad esempio,
il socialismo per la Tanzania, il marxismo-leninismo per lAngola e il
liberalismo per la Costa dAvorio - o orientamenti "africanizzati" in risultati
originali (es., il presidenzialismo negro-africano), nella prassi, nella pressoché
totalità di casi, comunque, si è assistito al dilagare di un malcostume politico
imperniato su clientelismo e corruzione endemica, per il quale è stata coniata
lappropriata definizione di "politica del ventre". Le variazioni del sistema
parlamentare e le deviazioni dal "modello Westminster", in riferimento alle
costituzioni africane entrate in vigore al momento dellindipendenza, si
sono estese a gran parte dei paesi dellAfrica Sub-sahariana. Lannullamento
di ogni dialettica politica nelle strutture statuali e le continue violazioni
dei diritti delluomo hanno innescato ribellismi e lotte armate che hanno
favorito il dilagare di crisi economiche - dalla seconda metà anni 70
-, crisi influenzate anche da fattori internazionali. La fine della guerra fredda,
che aveva pesantemente coinvolto anche il continente africano nel confronto
Est-Ovest, aveva lasciato sperare in un periodo di pace, di stabilità politica
in senso democratico e di sviluppo. Alcuni osservatori si erano incautamente
spinti a parlare di "Rinascimento africano", poiché lavvio della transizione
al multi-partitismo in molti paesi dellAfrica sub-sahariana aveva condotto
al potere nuovi leaders e inaugurato una diversa stagione politica. Ha quindi
avuto luogo un processo di rielaborazione dei modelli costituzionali, in un
contesto di politica interna in mutamento e sotto la pressione di un contesto
internazionale in rapida evoluzione.
Ed è proprio partendo da questo nuovo periodo di revisione di costituzioni e
del lavoro svolto per emendare o riscrivere il quadro costituzionale compatibile
con sistemi democratici che costituzionalisti, storici, sociologi, e politologi
hanno soffermato la propria attenzione su tale fenomeno.
Di fronte al fallimento dei regimi autoritari africani, alla dimostrata incapacità
istituzionale di tali governi di sostenere ed alimentare sistemi economici floridi
e ai molti abusi inflitti dallo stato burocratico ai propri cittadini, lattenzione
degli studiosi si è concentrata sui fattori che avevano condotto a tali insuccessi.
Da allora, molte ricerche sono state condotte sulle condizioni economiche e
sociali che avrebbero potuto favorire il tramonto dello stato autoritario. La
vasta letteratura sulla transizione alla democrazia ha enfatizzato il ruolo
delle istituzioni della società civile, quali le chiese, i movimenti sindacali,
lassociazionismo e le istituzioni di tipo comunitario. Quando poi la fine
della guerra fredda ha consentito anche in molti paesi dellAfrica Sub-Sahariana
lavvio di una fase di transizione democratica, linteresse degli
studiosi è passato dai fattori che avevano promosso il mutamento agli attori
e ai metodi coinvolti nel processo di transizione. Tuttavia, ancora scarsa attenzione
era prestata al ruolo dei testi costituzionali in tali transizioni. E
noto come uno dei più importanti strumenti per la stabilità delle istituzioni
politiche e lo sviluppo di un paese sia proprio la sua carta costituzionale.
Questa non è semplicemente un documento legale, quanto piuttosto rappresenta
un accordo politico, il risultato di un processo influenzato da variabili interne
ed esterne.
International Conference on African Constitutions è un volume che getta
appunto luce - importante e innovativa - su temi fondamentali dellattività
dello stato nel continente africano, esaminando aspetti di storia politica e
sociale attraverso studi costituzionali. Il volume è la raccolta di venti relazioni
presentate alla conferenza, dalla medesima titolazione, svoltasi a Bologna nel
novembre 1998. I due curatori, Valeria Piergigli e Irma Taddia, docenti rispettivamente
allUniversità di Padova e di Bologna, hanno chiamato a raccolta un team
internazionale di autorevoli specialisti, promuovendo unintelligente multi-disciplinarietà
che, favorendo le contaminazioni, è di prezioso aiuto per la comprensione delle
società africane attuali. Lintroduzione editoriale di Irma Taddia è, in
tal senso, ben più di un excursus sui singoli papers. Si tratta
di una direzione editoriale che funge da guida per i molteplici contributi e
li lega mirabilmente insieme, offrendo un percorso di lettura interessante anche
per la visione complessiva dellAfrica Sub-Sahariana, non limitata a realtà
settoriali o regionali. Lunica, deliberata, esclusione riguarda le società
islamiche che, nelle intenzioni dei curatori, formeranno oggetto di una successiva
occasione di riflessione.
I contributi del volume rappresentano articolati esercizi di messa a fuoco analitica
dellaccelerata dinamica di cambiamento istituzionale e sociale, nonché
delle nuove tendenze di policy-making. Nel volume vengono respinte le visioni
teoriche di radicale discontinuità nel processo di state-building in Africa
Sub-Sahariana, pur evidenziando le differenti configurazioni e i lineamenti
della cultura politica delle formazioni statali pre-coloniali con lo stato coloniale
e post-coloniale. Non mancano poi le critiche sulle generalizzazioni teoriche,
in particolare al dibattito tra i sostenitori delle teorie realiste, liberali,
marxiste, costruttiviste e neo-weberiane. In particolare, nel periodo immediatamente
post-guerra fredda, la letteratura specialistica che segue un approccio collegato
alle teorie dello sviluppo ha dato per inevitabile ed imminente loccidentalizzazione
delle società africane e cè stato un rinnovato interesse nel paradigma
che enfatizza, in modo semplicisticamente mono-casuale, il merito della liberalizzazione
economica e della democratizzazione per lo sviluppo.
Non pochi studiosi africani hanno contestato i colleghi occidentali per il loro
insistere nel concettualizzare la politica in Africa in termini meramente eurocentrici
e recentemente Mwayila Tshiyembe lo ha fatto con particolare vigore (*).
Partendo dal presupposto che sia la tradizione africana che lesperienza
coloniale hanno prodotto il radicamento delle regole del costituzionalismo africano,
Rodolfo Sacco e Luca Castellani (Le Constitutionnalisme africain, pp.
43-58) hanno affrontato analiticamente i pilastri di questo costituzionalismo
e i paradigmi interpretativi predominanti circa lo stato africano post-coloniale
e la prassi politica nel continente. Questo lucido, interessante paper appare
lideale punto di partenza nel percorso di lettura del volume, seguito
dalla lettura critica circa la facilità dimportare in Africa sub-sahariana
il binomio liberismo economico-pluralismo politico condotta da Alexei Vassiliev
(Civil Society and Constitutional Development in Africa, pp. 59-66).
Da unottica comparata, anche Ugo Mattei (Patterns of African Constitutions
in the Making, pp. 145-171) esamina le ultime revisioni costituzionale che
hanno avuto luogo in Sud Africa, Eritrea e nello stato del Puntland (Somalia
nord-orientale). Minimo comun denominatore di queste esperienze sembra - anche
secondo Mattei - la difficoltà di conciliare la tradizione giuridica locale
con i principi del diritto occidentale. Sulla peculiarità del processo costituzionale
del Puntland - sorto dal collasso dello stato-nazione somalo - concentra lattenzione
Federico Battera (Remarks on the 1998 Charter of Puntland State of Somalia,
pp. 175-191). Lautore illustra il "processo di ricostituzione di amministrazioni
dal basso", che ha avuto origine alla metà degli anni 90, sottolineando
le potenzialità di tale modello per superare la dicotomia stato/società civile
in Africa sub-sahariana.
Tra le altre relazioni importanti, figurano quelle che sono riflessioni più
generali. A proposito della sempre precaria dialettica tra potere civile e militare,
Antonella Benazzo (Pouvoir civil et pouvoir militaire dans les transitions
constitutionnelles africaines es années 1990, pp. 247-267) mentre rende
atto di come la recente transizione al pluri-partitismo sia stata guidata da
militari e come le nuove carte costituzionali dei paesi dellAfrica sub-sahariana
codifichino formalmente la subordinazione delle forze armate al potere politico,
altrettanto incisivamente rileva come, de facto, i militari mantengano
tuttora il loro arbitrario potere di condizionamento nellarena politica.
La discrepanza tra ladesione formale alle regole auree del costituzionalismo
liberale e prassi africana è sottolineata efficacemente dalla stessa Valeria
Piergigli (The Reception of Liberal Constitutionalism and "Universal" Values
in the African Bill of Rights. Ambiguities an Perspectivities at the Turn of
the Millennium, pp. 119-143), la quale sviscera in dettaglio i principali
elementi di contraddizione e conclude preconizzando ulteriori sospensioni delle
garanzie costituzionali e violazioni di diritti umani, finché in Africa Sub-Sahariana
il rispetto delle libertà fondamentali rimarrà una mera dichiarazione testuale.
Particolare attenzione proprio ai diritti umani è dedicata da Guglielmo Verdirame
(Human Rights an African Constitutions: Some Observations, pp. 107-117).
Lo studioso non si esime dallaffrontare la tematica dalla prospettiva
del relativismo culturale, quella che auspica la tutela dei diritti umani nel
rispetto di ogni specifico ambito socio-culturale, e non esita ad additare società
multinazionali ed organismi internazionali di sistematiche violazioni del diritto
internazionale e dei diritti umani, tali a vanificare lopera di sensibilizzazione
sia delle organizzazioni non governative che di giuristi e intellettuali africani.
Alloperato di questi ultimi va il merito daver redatto la Carta
africana dei diritti delluomo e dei popoli, emanata negli anni 80
nellambito dellOrganizzazione dellUnità Africana. Elena Ferrari
(Droits e lHomme et Constitutions Africaines, pp. 77-96) sviluppa
in prospettiva storica levoluzione costituzionale per rilevare che, dal
contemplare i soli diritti individuali, tali costituzioni recentemente includono
anche la promozione dei diritti collettivi. Con unanalisi comparata ad
ampio spettro, lesegesi compiuta dallautrice consente al lettore
di misurare lefficacia di tale evoluzione rispetto allinstabilità
politica dellAfrica sub-sahariana.
E noto come uno dei fattori primari di tale instabilità sia riconducibile
alla questione delletnicità che, in quanto tale, rappresenta anche loggetto
di un vasto tema storiografico. A Roza Ismagilova (Ethnicity in Africa and
the Principles of Solving Ethnic Problems in the Constitutions, pp. 203-220)
è spettato il compito di esaminare questo aspetto nellesperienza di ventun
paesi africani. Nel rilevare come pressoché tutti i governi africani abbiano
richiamato il rispetto del principio di eguaglianza nelle carte costituzioni,
lautrice focalizza le ragioni economiche, sociali e le dinamiche storiche
degli scontri per il potere quali elementi scatenanti la conflittualità interetnica
e riconosce la difficoltà di conciliare il diritto allautodeterminazione
dei popoli, quale principio giuridico internazionale, con le esigenze della
stabilità e coesione nazionale degli stati africani.
Affronta questo tema, muovendo dallanalisi comparata dei casi eritreo
ed etiopico, Uoldelul Chelati Dirar (The Issue of Nationalities in Eritrean
and Ethiopian Constitutions: a Historical Perspective, pp. 221-246). E
noto come il governo di Addis Abeba, alla metà degli anni 90, abbia scelto
un modello costituzionale di federalismo etnico, con la riconosciuta garanzia
del diritto allautodeterminazione, mentre ad Asmara si sia preferito cementare
la coesione dei gruppi etno-culturali attraverso lunità nazionale da poco
raggiunta. Dopo aver seguito questa evoluzione storico-politica nei due paesi,
lautore discute i limiti di tali scelte alla luce del conflitto bilaterale
insorto nel maggio 1998. Tutti i restanti contributi affrontano casi di studio,
sovente secondo una prospettiva comparata. Così, Babacar Kanté (Lévolution
constitutionnelle es Etats dAfrique francophone: tendances recentes,
pp. 25-42) esamina la reale influenza del modello giuridico francese nelle ex
colonie. Dal 1960 al 1989, con la pressoché unica eccezione del Senegal, i mutamenti
di regime nellAfrica francofona sono avvenuti allinsegna dei colpi
di stato e di autoritarismi e solo la fine della guerra fredda ha rappresentato
lo spartiacque verso il pluralismo democratico, seppur tra mille insidie che
lautore elenca doviziosamente. Due studiosi si cimentano poi con lanalisi
comparata delle costituzioni delle ex colonie portoghesi: Angola, Mozambico
e Guinea Bissau. Angelo Scavone (Angola, Mozambique, Guinea-Bissau: Three
Constitutions Compared, pp. 269-282) ripercorre storicamente levoluzione
politico-istituzionale, dal modello socialista a quello liberale, scelto dopo
il tramonto della guerra fredda. Massimo Morigi (Effectiveness of the Constitutions
of Angola, Mozambique and Guinea-Bissau with regard to the state of human rights
in these countries) presenta una severa quanto documentata denuncia della
precarietà del rispetto dei diritti umani in questi tre paesi, a dimostrazione
che lo sviluppo economico non è automaticamente indice di stabilità democratica.
Non troppo dissimili sono poi state le esperienze di revisione costituzionale
in Madagascar e in Zambia, entrambe dagli esiti negativi. Fallimentare il tentativo
di mutamento costituzionale in senso multipartitico varato in Madagascar, le
cui vicissitudini sono ripercorse analiticamente da Liliana Mosca (The Constitutional
Framework of the Third Malgasy Republic: is it alreay a transition?, pp.
295-307), la quale le attribuisce allinettitudine e alla corruzione dellélite
politica nazionale. Altrettanto fallimentare, come dimostra Bianca Carcangiu
(Democracy and the Zambian Constitution, pp. 316-329) la parentesi del
sistema multipartitico varato in Zambia nel 1991 e precocemente rivelatosi inefficace
per corruzione e assenza di reale democraticità.
Tra le success stories del costituzionalismo continentale spiccano i
casi di Sud Africa, Namibia e Botswana (François Venter, The Emergence of
Constitutionalism in Southern Africa, pp. 9-24), dove i valori culturali
peculiari sono stati ben armonizzati in un quadro di legalità costituzionale.
Alla carta sudafricana varata nel 1997, la quale spicca per modernità e democraticità,
è dedicata lanalisi di Angelo Rinella (South Africas Government
in Comparison with the Constitutional Models of democratic Systems. Some Observations,
pp. 67-76). Tale carta è il frutto politico dellopera di riconciliazione
nazionale post-apartheid, la quale ha consentito al paese di avviare lintegrazione
nazionale sulla base della una comune cittadinanza sudafricana, come rileva
Andrea Lollini (Human Rights an Past Wrongs: the Constitutional Concept of
Truth and Reconciliation in South Africa. Case CCT 17/96, pp. 97-196). A
tale proposito, uninteressante chiave di lettura è fornita da Bernardo
Bernardi (Will Multilingualism Subserve or Substitute Multiethnicity? An
anthropological Comment on the Founding Provisions of the Constitution of the
Republic of South Africa 1996, pp. 193-202). Questultimo enfatizza
come fattore positivo legualitarismo insito nella costituzione sudafricana.
Tuttavia, lanalisi antropologica rivela che il rispetto del pluralismo
culturale del paese che è attestato dal riconoscimento del multilinguismo non
è sufficiente ad insabbiare le tensioni etniche.
Nelle conclusioni del volume, affidate a Tekeste Negash (The Lanscape of
African Constitutions: Some Concludine Remarks, pp. 334-349), la speranza
nei confronti delle innovazioni che emergono dal Sud Africa è temperata da lucido
realismo. Mentre il processo di transizione alla democrazia era in corso negli
anni 90, in gran parte dei paesi dellAfrica Sub-sahariana si sono
però acuite le tensioni politiche e le rivalità, come in Mali, Benin, Congo-Brazzaville
e, più tardi, in Costa dAvorio e Senegal, per finire con i casi di Zaire
e Rwanda, dove si è giunti al collasso dello stato stesso. Dalla metà degli
anni 90, lAfrica sub-sahariana ha poi registrato la recrudescenza
di perduranti situazioni dinstabilità politica, nonché di nuove e drammatiche
conflittualità: guerre civili, conflitti full-scale, genocidi. Lattuale
crisi travaglia il continente in assenza di una vera e propria istituzionalizzazione
politica e di un sostenuto sviluppo economico. Mentre tuttora, in Occidente,
si continua a sostenere che le speranze di attenuare la conflittualità internazionale
ed interna agli stati africani sono vincolate allorganizzazione e al consolidamento
delle istituzioni democratiche, nonché al decollo economico, tuttoggi,
in Africa, le prospettive distituzionalizzazione politica sono dunque
ancora incerte, dato che anche i recenti esperimenti politico-democratici non
sono stati tali da condurre al consolidamento di uno stabile ordine politico,
burocratico e costituzionale.
L.V. Piergigli e I. Taddia (a cura di), International Conference on African Constitutions, Bologna, November 26th-27th, 1998, G. Giappichelli Editore,Torino, 2000.
(*): Mwayila Tshiyembe, La science politique africaniste et le statut théorique e l'Etat africaine : un bilan négatif, in Politique Africaine, 71 (1998).Su