Marco
Giaconi
(Direttore di ricerca
presso il Centro Militare di Studi Strategici di Roma)
LA STRATEGIA
Analisi politologica di un termine denso di concetti e di storia
La strategia, dice sostanzialmente Von Clausewitz, è lo studio
dei fini politici della guerra.
Sempre in termini tardoidealistici, si tratta di imporre la propria volontà
al nemico.
È qui che risiede il fascino del pensiero militare prussiano su Lenin. Legemonia
della classe operaia è, tutto sommato, unimposizione della propria volontà
allAltro. La forza è finalizzata alla volontà, non il contrario. Il bellum
è sempre duellum. Il fine è politico, la guerra è una fase di alta incertezza
che è tanto più efficace quanto più è breve, imprevedibile, incontrollabile.
La strategia classica è affine allincantesimo operato su forze oscure,
sempre presenti ma inconoscibili. È quindi la politica, nella sua essenza. La
cosa in sé kantiana della pace.
In contesti più vicini a noi, la strategia rappresenta la definizione degli
obiettivi politici dello scontro militare. Tali fini sono stabiliti dallautorità
rappresentativa, della quale il sistema militare esegue gli ordini generali
ma riservandosi uno spazio di autonomia sulla tattica che, in effetti, non è
distinguibile concettualmente dalla strategia propriamente detta. Si disquisisce
sempre, nel caso della tattica come in quello della strategia, la scienza
dei fini, delluso ragionevole di mezzi per obiettivi generali.
Clausewitz rimarrà sempre vago sulla separazione tra tattica e strategia. È
anche questa la nebbia della guerra.
La prima guerra mondiale cambia il contesto teorico della strategia classica,
così come i pragmatisti cambiano lidealismo hegeliano e il suo Stato immobile.
Le masse divengono elemento politico, quindi strategico. Diaz viene sostituito
a Cadorna dopo Caporetto e imposta i giornali di trincea, la guerra politica
e le operazioni di lotta psicologica verificate sui suoi soldati.
Il socialismo riformista, con Salvemini e Battisti, fa la guerra per riposizionare
lItalia nel mercato europeo. La riedizione delloperazione Crimea
di Cavour, prodromo dellunità nazionale. La guerra di popolo è immediatamente
fine e mezzo, politica e tattica, ideologia e prassi, processo e risultato.
Ne aveva preconizzato lavvento lo stesso Clausewitz.
Dopo nascono, in Italia come altrove, sistemi politici che mobilitano le masse,
facendo tesoro delle tecniche di condizionamento da trincea, confondendo pace
con guerra, mobilitazione e business as usual. Il totalitarismo
del ventesimo secolo è la pace temporanea per prepararsi alla guerra finale.
Contro le potenze demoplutomassoniche o contro limperialismo capitalistico,
lEuropa fino al 1945 vive nel prolungamento di uneconomia di guerra
durante la pace, al fine di determinare la posizione nella divisione del lavoro
mondiale che ottimizzi le risorse nazionali e, soprattutto, permetta luscita
dal ciclo di crisi-boom con il quale si è affermata leconomia moderna.
Il progetto cade. Le risorse non sono infinite e la psicologia di Le Bon, lelettrizzazione
positivista del popolo, non sostituisce i fucili e le razioni che mancano. Nascono,
mix di tecnologia avanzata e mobilitazione di massa, i vincitori e poi concorrenti
della guerra fredda, USA e URSS. Vincono perché durano di più del nemico, con
risorse incomparabili e un equilibrio interno che le dittature non possono imitare.
Gli USA escono dalla lunga crisi iniziata nel 1929 grazie al deficit spending
militare e allacquisizione, per fallimento dellintestatario, cioè
dellImpero britannico.
LURSS staliniana riscopre il patriottismo zarista e congela la sua lotta
di classe tra campagna e città nello sforzo contro il secolare nemico tedesco,
il cavaliere teutonico sconfitto da SantAlessandro Nevsky. Campagna e
città, i termini della questione europea come li imposta il gen. Marshall nel
suo discorso allUniversità di Harvard che dà inizio al Piano omonimo.
Il dopo, è storia di ieri. Nel 1949, un superspiato giovane attaché
dambasciata USA a Mosca invia un lungo telegramma al Dipartimento di Stato
teorizzando la strategia del contenimento del comunismo internazionale. Non
più guerra vera e propria, ma confronto geopolitico, attrito costante senza
il fuoco. La strategia indiretta, come la chiamerà un amico di Lawrence dArabia,
sir Basil Liddell-Hart. Danno ancora fastidio le periferie dei nuovi imperi,
indecise sul da farsi. La Grecia, lItalia. Sono povere o sconfitte, non
contano. LURSS innesca la guerra fredda con la gestione maldestra della
crisi iraniana. Il Caucaso, fin da allora. La Germania passa rapidamente dallo
stato di arcinemico a quello di polo geopolitico dellAlleanza Atlantica,
progetto di unificazione europea, bastione antisovietico, integratore del centro
dEuropa (la Germania), nucleo di stabilità tra USA e Eurasia. Il massimo
di attrito possibile per evitare il calore di una guerra termonucleare.
Fino al 1994 lURSS aggiornerà i piani per una penetrazione dellEurasia
occidentale dalla pianura tedesca fino alla soglia di Gorizia, ipotizzando un
uso tattico dellarsenale atomico e la chiusura dello spazio centrale europeo,
preda necessaria per stabilizzare gli squilibri delleconomia programmata
che già si avvia ad essere semilegale. LURSS media allinizio tra
lidea staliniana di socialismo in un paese solo, da difendere
ad ogni costo, e la spinta machiavellica ad utilizzare gli errori imperialisti
per costruire il suo Imperium, capace di sanare le diseconomie strutturali
del socialismo dirigista con la protezione geopolitica sulle periferie dellimpero
altrui.
NATO contro Patto di Varsavia. MEC contro COMECON.
LURSS ha bisogno di risorse dalle periferie e non permette la costituzione
di satelliti capaci di far fronte al containment occidentale. LURSS cade
quando la spinta alla parità strategica, sul piano missilistico e marittimo,
innesca spinte allaggiornamento tecnologico che la sua economia non può
più sostenere. Oggi, il pensiero strategico è frazionato in settori sempre più
elaborati e capaci di seguire on the spot gli sviluppi delle crisi. Geoeconomia,
geofinanza, applicazione delle nuove tecnologie al controllo remoto delle crisi,
scarsamente controllabili tramite i sistemi roussoviani del peacekeeping.
Manca lo sguardo di sintesi, il volo dellaquila, la capacità di porre
in parallelo le situazioni e le soluzioni possibili. La videopolitica e la stagnazione
economica hanno fatto i loro irreversibili danni.
Riusciremo a ripensare la Global Strategy quando la lotta per la divisione
del lavoro mondiale si sarà temporaneamente stabilizzata.
©
2001 Alleo
diretto dal Dr. Alessandro Agostinelli, che ha autorizzato la pubblicazione su
Metodo
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2003 Metodo diretto dal Dr. Giovanni Armillotta