"METODO", N. 21/2005

Emma Bonino
(Deputata europea, radicale)
PRESENTAZIONE DI
COREA DEL NORD. FAME E ATOMICA DI PIERRE RIGOULOT

L’intera penisola coreana rappresenta circa lo 0,14% della superficie totale delle terre emerse. Un fazzoletto di terra che, visto su una carta geografica, appare quasi invisibile se paragonato all’enorme massa continentale asiatica. Eppure, a guardar bene, questa parte del mondo racchiude più cose di quante se ne possano immaginare.
In un fazzoletto di terra molto piccolo, con condizioni geografiche, storiche e antropologiche sostanzialmente simili, si sono realizzati, nel corso degli ultimi cinquant’anni, assetti politici ed economici molto dissimili, per non dire opposti. Il 38° parallelo non separa soltanto due Stati, ma segna il confine tra passato e futuro, tra una concezione medioevale e una moderna dello Stato, tra una gestione patrimonialistica delle risorse di un territorio – risorse fra cui vanno annoverati anche gli individui che quel territorio abitano – e una gestione evoluta e molto dinamica delle capacità umane, tecniche ed economiche che quel territorio può esprimere, tra una classe politica che non attribuisce ai propri cittadini alcun tipo di diritto, e li tratta come veri e propri schiavi, e un sistema politico rispettoso dei fondamentali diritti umani.
«Il regno eremita» oppure lo «Stato canaglia», per riprendere il titolo della versione francese del libro – queste le definizioni utilizzate per definire la Corea del Nord – viene analizzato da Rigoulot in maniera documentata e rigorosa. I primi cinque capitoli di questo libro vi accompagneranno sempre più in profondità tra il terrore e gli orrori instaurati da un regime dispotico e assoluto che condanna quotidianamente 22 milioni di esseri umani a sopravvivere nel Medio Evo più oscuro e violento.
In Corea del Nord si è consumata e si sta consumando una tragedia di dimensioni enormi. Il regime di Pyongyang continua a spendere da un quarto a un terzo del proprio Prodotto Nazionale Lordo per sorvegliare con migliaia di uomini «il muro di bambù» che da cinquant’anni anni divide la Corea del Nord da quella del Sud, finanzia faraonici progetti missilistici e programmi militari per sviluppare armi di distruzione di massa e controllare costantemente i propri cittadini; di conseguenza, l’economia nazionale si è contratta del 40% negli ultimi dieci anni. In più la già fragile agricoltura nordcoreana è stata gravemente danneggiata, nel corso degli anni Novanta, prima dall’interruzione delle importazioni di concimi provenienti dall’Unione Sovietica e poi, negli anni 1995 e 1996, dalle violente inondazioni che hanno colpito le zone agricole più produttive.
A causa di un regime politico che riesce esclusivamente con la forza e la repressione brutale a mantenersi in vita, 22 milioni di nordcoreani sono ridotti alla fame, di cui tra i 2 e i 3 milioni, un decimo della popolazione totale, sono morti letteralmente di fame negli ultimi dieci anni.
Le deliranti politiche di pianificazione economica di una classe politica «da operetta» che nel 1994 alla morte del fondatore della Corea del Nord, Kim Il Sung, lo nomina «Eterno Leader», hanno portato negli ultimi cinquant’anni alla distruzione totale del patrimonio industriale ereditato dai giapponesi, a una situazione di carestia endemica e alla chiusura totale del Paese nei confronti del resto del mondo.
I confini nordcoreani sono impenetrabili e si aprono e si chiudono solo a comando della nomenclatura di Pyongyang: in entrata sono i benvenuti gli aiuti alimentari forniti dall’ONU tramite il World Food Programme (WFP) – che sfama quotidianamente 7 milioni di nordcoreani nonostante le gravi limitazioni imposte dalle autorità di Pyongyang che consentono l’accesso agli operatori dell’ONU esclusivamente in determinate zone, lasciando così gran parte del Paese fuori da ogni possibilità di monitoraggio e d’intervento – oppure, ancor meglio, i milioni di dollari ottenuti con la vendita di tecnologie militari ai peggiori regimi mediorientali e africani; in uscita missili balistici, come quello che nel 1998 ha solcato i cieli del Giappone, e messaggi politici contrastanti che un giorno proclamano le buone intenzioni di dialogo politico e rappacificazione con Corea del Sud e Stati Uniti e il giorno dopo annunciano l’intenzione di ritirarsi dal Trattato di non proliferazione nucleare e la riapertura dei programmi nucleari di un Paese che possiede cinque centrali atomiche, un impianto di uranio arricchito, due impianti di produzione di missili e un’area per test missilistici.
Ma lungo i confini nordcoreani si combatte quotidianamente anche un’altra «guerra», di cui pochi sono informati. Ogni anno circa 300 mila nordcoreani cercano di sfuggire alla fame, alla miseria e alla privazione della libertà, attraversano il fiume Tumen, che segna la frontiera terrestre tra Corea del Nord e Cina. Ma una volta dall’altra parte sono costretti, di nuovo, a nascondersi e a fuggire; se scoperti dalle guardie di frontiera cinesi, infatti, essi sono catturati e rinchiusi in campi di detenzione da cui possono uscire solo al momento del loro rimpatrio in Corea del Nord. In base a un rapporto di Amnesty International, una volta rimpatriati essi devono affrontare detenzioni arbitrarie, torture, e in alcuni casi esecuzioni sommarie o la morte per fame nelle prigioni e nei campi di concentramento del Paese.
Tutto ciò avviene nonostante la Convenzione ONU sui rifugiati, di cui la Cina è firmataria, assicuri il riconoscimento dello status di rifugiato politico a tutti coloro che, in patria, rischiano e subiscono persecuzioni. Il governo di Pechino si difende affermando che gli immigrati nordcoreani non sono rifugiati politici bensì economici, e dal 1999 impedisce alle agenzie ONU di visitare le province di confine con la Corea del Nord; ha inoltre adottato una politica di repressione del crimine – chiamata «Colpisci duro» – per legittimare le maniere forti adottate dalla polizia nei confronti degli immigrati illegali.
Rigoulot è riuscito a descrivere in questo libro, in maniera agile ed estremamente leggibile ma allo stesso tempo esaustiva e documentata, uno degli esempi più lampanti del fallimento delle politiche «della buona coscienza», che troppo spesso animano la politica estera europea ed occidentale. Ma questo non vuole essere solo un libro di testimonianza. Nell’ultimo capitolo, fitto di domande e incertezza per il futuro, lo scrittore interroga le coscienze dei suoi lettori per cercare di smuoverle.
La Corea del Nord, dice Rigoulot, non è un problema solo per i suoi vicini, Corea del Sud, Cina e Giappone in testa, o solo per gli Stati Uniti, che mantengono una forte concentrazione d’uomini nella Corea del Sud, bensì è una questione che coinvolge tutti. Le attuali condizioni politiche, economiche e sociali della Corea del Nord impongono all’intera comunità internazionale di intraprendere ogni atto che possa porre termine a tale tragedia.
La comunità internazionale, che da al regime coreano piena ospitalità nelle sue organizzazioni, si è limitata finora a finanziare i programmi alimentari del WFP, con il solo risultato di lasciare al regime di quel Paese la piena disponibilità delle risorse economiche da impiegare per il potenziamento della struttura militare e degli strumenti di conservazione del potere. Un’altra politica sarebbe necessaria, una politica che tornasse a riconoscere nei valori della libertà e della democrazia i fondamenti del proprio agire e che obbligasse il regime nordcoreano al rispetto di tali valori. Ridare all’ONU il suo originario ruolo d’organizzazione garante della legalità internazionale, fondata sui valori della libertà, della giustizia e dello Stato di Diritto consentirebbe di intervenire appropriatamente in questa situazione. Se questa fosse la realtà, ma purtroppo così non è, si potrebbe allora ricorrere all’applicazione urgente delle misure previste dal Capitolo XII dell’ONU e allo strumento del «regime internazionale d’amministrazione fiduciaria», per porre fine alla dittatura nazionalista e comunista di Kim Jong Il e intraprendere un’opera di profonda ricostruzione sociale, politica ed economica di quel Paese. Ma la situazione internazionale con la quale ci dobbiamo confrontare è ben diversa: lungi dall’essere foro di risoluzione democratica delle crisi internazionali, l’ONU si è trasformata in organizzazione che non richiede credenziali di democraticità ai suoi membri.
E allora che fare? In che modo trovare una soluzione alla «questione nordcoreana»? Diverse e autorevoli organizzazioni internazionali si sono poste tali domande, producendo – nel corso degli ultimi anni – studi, analisi e proposte volte ad offrire soluzioni e idee che possano risolvere la tragedia nordcoreana. Il bandolo della matassa è nelle mani delle grandi potenze regionali, suggerisce l’International Crisis Group, organizzazione internazionale indipendente che ha prodotto numerosi studi sull’argomento. USA, Cina e Russia dovrebbero raggiungere una posizione comune per trovare soluzione a tale crisi internazionale. Lo scenario più plausibile potrebbe prevedere l’apertura di negoziati diplomatici che si basino su due elementi fondamentali: una reciproca dichiarazione di non aggressione e la cessazione, da parte nordcoreana, di ogni programma di ricerca e sviluppo a carattere militare. Tali negoziati, di cui si potrebbe anche fissare una scadenza, dovrebbero vertere su alcune fondamentali questioni quali la concessione di aiuti economici, finanziari ed energetici, per risolvere la grave crisi economica e umanitaria che affligge la Corea del Nord, e il pieno e libero accesso di ogni organizzazione delle Nazioni Unite, prime fra tutte WFP e IAEA, sul suolo nordcoreano.
Nel corso di tali negoziati, per favorire il loro successo e offrire un’opportunità di democratizzazione del Paese, si potrebbero organizzare il sostegno e il rafforzamento di tutti quegli esperimenti volti a circondare la penisola coreana con una rete di «Radio Londra» democratiche e nonviolente, che permetterebbe di avviare una potente campagna di informazione all’interno della Corea del Nord, «bombardare» il Paese con radio a bassa frequenza e volantini informativi, disturbare le emissioni radiotelevisive del regime per poter veicolare, finalmente, contro-informazione e verità da troppo tempo nascoste e negate in quelle terre.

Pierre Rigoulot, Corea del Nord. Fame e Atomica,
Guerini e Associati, Milano, 2004, pp. 136, ISBN-88-8335-532-6, € 12,50