Bibl.: «Avanti!», quotidiano nazionale di Roma, 18 aprile 1990
Intervista di Giovanni
Armillotta al Vicepresidente del Guatemala, Roberto Carpio Nicolle
CENTROAMERICA: UN PROBLEMA GLOBALE
In un panorama profondamente mutato dopo le recenti tornate elettorali, si sono riuniti nei giorni scorsi a Montelinar, in Nicaragua, i presidenti centroamericani. Dall'incontro è scaturito l'annuncio di un prossimo summit centroamericano in Guatemala. Degli sviluppi politici nella regione parliamo con il vice presidente del Guatemala Roberto Carpio Nicolle, in questi giorni in visita in Italia.
Giovanni Armillotta
– Presidente, ci dica innanzitutto della sua attività all'interno
della commissione di riconciliazione nazionale (un istituto previsto dal
piano Arias per la pacificazione in Centroamerica).
Roberto Carpio Nicolle
– Il problema dell'America Centrale non è la guerriglia in Guatemala,
il Farabundo Martí nel Salvador o i Contras in Nicaragua,
ma è un problema globale: e non si può risolvere isolatamente.
Questa è la ragione per cui il Guatemala ha proposto la creazione
di una struttura stabile: il Parlamento centroamericano, visto come foro
politico. Nel maggio 1986 una riunione fra i rappresentanti dei cinque
Stati della zona, nella cittadina guatemalteca di Esquipulas, ha dato certezza
futura a questo istituto. Un anno dopo si sono stabilite le basi di un
accordo politico per raggiungere la pace. Uno fra i più importanti
punti è il divieto di sostenere i gruppi armati, con relativi controlli
affinché sia rispettato. E a questo proposito vigila la Cnr interna
ad ogni Stato, e composta di membri di ognuno dei Paesi centroamericani.
Il Parlamento è l'unica struttura dove dovranno essere rappresentati
tutti i partiti politici dell'America Centrale, i cui delegati saranno
eletti mediante consultazioni popolari, attraverso le leggi elettorali
locali (l'Italia si è offerta di costruire l'edificio parlamentare
ad Esquipulas). Solo così i problemi dei centroamericani potranno
essere discussi in maniera generale, e non bilaterale, in una democrazia
dove ai partiti comporti ogni decisione.
G.A.
– Quale il dialogo fra governo guatemalteco e opposizione armata?
R.C.N.
– I movimenti armati non possono essere giustificati, quale che sia la
loro ideologia. Non si può discutere armi alla mano: è una
posizione imprescindibilmente democratica. Per cui non sono in grado di
riferirmi a precise relazioni fra il governo guatemalteco – democraticamente
eletto – e la guerriglia.
G.A.
– Nel Parlamento centroamericano sarà possibile la presenza di
Panamá?
R.C.N.
– Sì ma solo nel momento in cui risolverà i propri profondi
contrasti, e non prima. Il Parlamento centroamericano è stato ratificato
da quattro Paesi (El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua) con l'esclusione
del Costa Rica per alcuni contrasti con Managua.
G.A.
– Dopo il riallacciamento delle relazioni diplomatiche con la Gran Bretagna,
il governo guatemalteco ha ancora pretese di carattere territoriale nei
riguardi del Belize?
R.C.N.
– Con l'approvazione della nuova Costituzione del 1986, il Guatemala non
rivendica più unilateralmente la propria sovranità su alcune
regioni belizegne, ma si augura che il problema debba risolversi in accordo
con gli interessi comuni. Negli ultimi due anni, io stesso ho diretto le
conversazioni per parte guatemalteca. Ci siamo riuniti otto volte e abbiamo
formato una commissione permanente congiunta – con osservatori britannici
– ed una ad hoc presso il Parlamento guatemalteco.
G.A.
– Nel 1975 il Movimento dei Paesi-Non-Allineati rifiutò lo status
di osservatore alla giunta militare guatemalteca. Il suo Paese sta considerando
una nuova candidatura, alla luce dei cambiamenti istituzionali degli ultimi
anni?
R.C.N.
– Senz'altro la nostra domanda è pronta, e a questo proposito abbiamo
già intavolato un dialogo con il governo jugoslavo. La speranza
è quella di aderire al Movimento come Unione Centroamericana dei
cinque Stati, che già dal 1823 al 1839 formarono la Repubblica delle
Province Unite, scioltasi per pressioni statunitensi e britanniche.
G.A.
– Per ciò che concerne la politica interna, il governo del presidente
Cerezo sta punendo i responsabili dei massacri di aderenti al Partito socialista
(membro dell'Internazionale), missionari e contadini?
R.C.N.
– La nostra è una democrazia molto giovane, nella quale le influenze
dei trascorsi regimi sono ancora forti; di conseguenza ci è difficile
riuscire a risolvere problemi decennali, e smascherare in tempi brevi i
responsabili, nonostante l'impegno sia continuo e mirato in quella direzione.
© Giovanni Armillotta, 1998