Bibl.: «lo Specchio», Pisa, III (1997), N. 26 (Gennaio), p. 9
Giovanni Armillotta
LA STORIA DEL CHE RIVISTA
E CORRETTA
Sull'ultimo libro di Franco
Cardini
Qualche mese fa, sul tardi, in Raidue
ho ascoltato con estrema attenzione e profonda partecipazione emotiva la
trenodia dedicata da Franco Cardini al Che.
Mi sono reso conto della presenza
di un qualcosa che, innanzitutto, se era relegato all’una del mattino
possedeva in sé e per sé un immenso valore. Però non
ancora riuscivo a comprenderne la qualità pur apprendendo il soggetto.
La suggestiva voce del narratore (Riccardo
Cucciolla?), la funerea ninnananna di Rolando Alarcón, le immagini anch’esse
morte succedersi fra cadaveri, sorrisi e tante diseredate dulcinee, non
potevano esser miglior arena di ciò che non è stato mai detto,
sia per incapacità fisiologica che per vigliaccheria partigiana.
Non
penso esista un’analisi sì storicamente ineccepibile che racchiuda in
pochi minuti la storia contemporanea di un intero Continente: poter cogliere
l’assoluta imparzialità su di un tema che da un quarto di secolo è
ostaggio di pochi "eletti". Ma lo straordinario è l’impatto di sommo
contenuto letterario cui l’ascoltatore in principio si confronta lungo la memoria
ed in seguito mediante la commozione-dolore che induce a riflettere immediatamente.
Qualcuno ha accusato Cardini dopo l’uscita
di Scheletri nell’armadio (da dove è stato tratto il summenzionato
contributo) per ciò che ha scritto. Qualcun altro lo stigmatizzava ieri
perché non riusciva a distinguere fra l’eroe e l’avventuriero,
facendo d’ogni erba un fascio la massima agostiniana «Non pśna sed causa
facit martyrem», perciò santificando un rivoluzionario.
Bisogna rilevare la distrazione
“bibliografica” di coloro che definivano il Che un marxista-leninista
più o meno sovietico o cinese. Non intavolerò
certo una discussione dottrinaria sull’ideologia comunista. Oltretutto
escludere il Che dal novero di coloro che hanno combattuto per l’affrancamento
degli emarginati - in quanto “agente diversore” al soldo di Fidel - significa
tante cose.
Primamente ignorare l’esistenza
delle tre componenti del comunismo latino-americano: la filosovietica (nota
per la spiccata attitudine servigio-delatoria nei confronti delle istituzioni;
vedi – fra i numerosi – il caso del partito comunista boliviano che impedì
ad alcuni aderenti di correre in soccorso del Che, denunciandoli
pubblicamente, ecc.); la cinese (tesa ad applicare in maniera cieca il
dettato maoista; che poi avrebbe condotto al delirio di Sendero Luminoso);
l’albanese (auspicante il sostegno del verbo politico da parte di una guerriglia
organizzata dal partito).
Orbene, ritenere che il Che
s’identificasse
in una sorta di marxismo vuol dire non aver colto nel segno. La rincorsa
delle etichette non atteneva a Guevara, in pari misura dell’ostentanta
sua manifestazione iconografica, proprietà privata ormai soltanto
di giovani hooligans.
© Giovanni Armillotta, 1998