Direttore:
Roland Sejko, Roma, Anno VII, N. 131, 9-22 giugno 2005
Roland Sejko
È ALBANESE IL MIGLIOR GIORNALE
Bota shqiptare vince il Premio Souhir per la multiculturalità
nei media in Italia
Faceva uno strano effetto
leggere il titolo di un prestigioso quotidiano on line mentre dava la
notizia del vincitore del Premio Mostafà Souhir per la multiculturalità
nei media in Italia. È albanese il miglior giornale intitolava
larticolo www.ilpassaporto.it.
Se leffetto strano lavvertivo io, vi lascio a immaginare quello
di chi si accorge solo adesso che esiste in Italia una realtà di media multuculturali
fatta di giornali che parlano rumeno, arabo, russo, polacco, francese, spagnolo,
portoghese, filippino, urdù, bulgaro, ucraino, cingalese, punjabi. E appunto,
albanese, come il nostro.
La giuria dei giornalisti del Premio Mostafà Souhir organizzata
da Cospe ha scelto Bota shqiptare come la migliore testata
multiculturale in Italia. Ringraziamo per il grande atto di incoraggiamento
che hanno dato a noi. E, se i colleghi delle altre testate partecipanti me lo
permetteranno, a nome di tutti, ringrazio gli organizzatori per aver portato
allattenzione del pubblico italiano una realtà di media che esiste da
tempo ma è poco conosciuta.
Sì, esiste in Italia una realtà di media multuculturali fatta, oltre che di
radio e di tv, anche di giornali in lingue. Quelle testate con nomi impronunciabili
per molti italiani, poche vendute in edicola e altre distribuite gratuitamente
presso i supermercati, centri di servizi, questure, agenzie di trasferimento
di denaro, o altri posti frequentati dagli immigrati, costituiscono forse il
miglior specchio del multiculturalismo italiano, un melting pot di carta,
dove si fondono in tante lingue problemi, culture, tradizioni, idee.
Gli studiosi del settore la chiamano stampa etnica. Altri preferiscono
stampa multiculturale. Per noi che li facciamo sono semplicemente
la nostra voce nella nostra lingua madre.
Non è facile fare un giornale per gli stranieri in Italia. Non solo per quelle
difficoltà legate a problemi burocratici dovuti a una legge sulla stampa che
non tiene conto dei cambiamenti del tempo, e rende quasi impossibile laccesso
alla professione giornalistica, non solo per la scarsità degli inserzionisti
pubblicitari, i prezzi delle tipografìe, lo scoglio della distribuzione. Ma
anche per i contenuti.
Esiste unopinione comune che i giornali per gli immigrati si occupino
solo di informazioni utili, bollettini informativi in lingua per facilitare
laccesso ai servizi, così come esiste la percezione di un immigrato legato
a filo di ferro con il proprio Paese, schiavo eterno della nostalgia per la
Patria, refrattario a qualsiasi richiamo del paese che lo ospita. Nel far nascere
un giornale per gli immigrati in Italia, chi si accolla la responsabilità rischia
di relegare la funzione solo a variazioni su questi due temi, alternandoli con
il vittimismo sulla rappresentazione distorta dei media italiani. Certo, sia
i bollettini informativi, sia i giornali dedicati quasi esclusivamente ai problemi
del proprio Paese, hanno il pieno diritto di esistere. Cosi come lo spazio di
un giornale per gli immigrati diventa purtroppo a volte lunico luogo dove
denunciare una visione distorta dellimmigrazione e degli immigrati. Ma
può un giornale essere solo lo specchio di una condizione desistenza?
Bota shqiptare è passata anche attraverso quel percorso,
ma allo stesso tempo ha cercato di capire i bisogni dei lettori. Non i gusti,
i bisogni. Sul nostro giornale si scrive sì, di Patria, ma senza crearne qui
unaltra in miniatura. Si scrive in modo partecipe dei problemi dellAlbania,
ma con il distacco di chi vede un quadro da lontano. E poi si scrive anche su
come risolvere un problema con i documenti di soggiorno, come mettersi in regola
con i decreti dei flussi, come pagare le tasse. Si parla di studenti e di pensionati,
di associazioni e di individui, di artisti e di detenuti, di chi ce lha
fatta e di chi vuole coraggio. E poi ancora si parla dellItalia, della
sua storia e del suo futuro, dei suoi uomini e delle sue città, della cultura
di un Paese, che non a caso siamo in molti a chiamare la nostra seconda
patria. Si scrive dunque, di noi stessi, divisi tra lItalia e lAlbania,
delle nostre identità in bilico, di rifiuto e di apertura, di valori e di difetti,
di resistenza e di assimilazione.
È un percorso difficoltoso, alla ricerca della nostra identità, quella
individuale e quella collettiva, quella storica e quella elaborata. Un processo
culturale che deve aiutarci a vivere meglio in Italia, perché come diceva Proust,
Quelli non sono i miei lettori, ma i lettori di loro stessi.
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